Dany Greggio “Ritratti”, recensione

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Sono trascorse circa 1820 visualizzazioni da quando Music on tnt si è occupata per la prima volta di Dany Greggio, oggi giunto tra i solchi vinilici della Tarzan Records. Infatti Andrea Dolcino e Fabrizio Testa, proprio in queste settimane hanno dato alla luce Ritratti, nero vinile one side da cui emergono le note elitarie di Dany Greggio. Il compositore toscano, dopo il lavoro con i The Gentlemen del 2009, torna con la sua canzone d’autore, qui incastonata in un long playing, in cui le cinque nuove tracce per voce e chitarra sono contenute all’interno della Casa delle bandiere di Marco Neri. Il pittore forlivese, autore della tela (ir)reale che funge da cover art, metaforizza un mondo spigoloso e cosmopolita, al servizio di un tratto prospettico e minimale, pronto a fondersi in un intento descrittorio immediato e apparentemente spensierato, nonostante un celato approccio inquieto.

Appena la puntina si appoggia sul piatto, ad accoglierci tra le braccia musicali è un arpeggiato gentile, su cui si posa leggiadra una voce sdoppiata dai tratti scomposti. Una tenue e poetica interpretazione, sussurrata nel suo sapore retrò, pronto ad accompagnarci verso quella Casa delle bandiere, in cui l’aria aperta della traccia appare semplice e narrativa nella sua metafora dei ricordi. Lo stile chansonier si erge in un clima delicatamente espositivo, tanto da richiamare alla mente la scuola genovese, grazie alle sue tempistiche d’armonia risultanti perfette nel loro innestarsi tra il delicato pizzicato.

Con Canto alla durata Dany arriva invece alla citazione diretta di Peter Handkle, drammaturgo austriaco a cui è ispirato il brano. Infatti alcune strofe della traccia sono tratte dall’omonimo libro basato sulla concettualità del tempo tra prosa, filosofia e poesia. Da qui il cantautore riparte tra suoni leggeri e dolcemente posati sulla vocalità, pronti ad affrontare distacchi disturbanti che donano al brano un anima ben strutturata ed originale, tra inusuali breath e ridondanze costruttive al servizio di un cripto folk d’autore.

Non mancano poi melanconiche e cupe ballate, teatralità e ritmiche anni 70, che si affiancano alla singolare chiusura di Oh Pettirosso, breve sguardo sul passato che, con i suoi rimandi montanari, offre ripetizioni lessicali e strutture corali tanto inusuali quanto destabilizzanti.

Dunque… se credete di volervi inoltre nella poesia cantata… considerate che il disco è stato pubblicato con un’edizione limitata a 100 copie. ( info@tarzanrecords.com)