Da scoprire: Antonio Cocomazzi
E’ con molto piacere che vi parlo di Antonio Cocomazzi, un musicista di cui ho scoperto parte del percorso in questi mesi e che porta con sé capacità compositive ed esecutive assolutamente degne di figurare tra ciò che fa bella la musica.
Evito di star qui a raccontare aspetti biografici che potrete trovare agevolmente sul sito di Antonio e passo volentieri a raccontarvi di una musica che contiene ed esprime molto spesso una dualità, qualcosa di raro che la rende fruibile su due livelli capaci di viaggiare parallelamente e di darsi mutuamente valore: la tecnica e l’emozione, la costruzione e la suggestione, l’architettura a creare spazi e la possibilità offerta all’ascoltatore di abitarli.
A partire da basi solide che rimandano compositivamente ed esecutivamente ad una formazione classica culturale e tecnica, questa musica sa approfondire sé stessa portando il tema principale via via altrove, con un fluire dinamico ed articolato della struttura del brano che sa essere meticoloso e puntuale ma che, se si sceglie di vivere l’ascolto ad un livello emotivo, sa sparire e lasciare il posto al film interiore che ciascuno può costruire e vivere attorno a quelle note.
Se nel caso di Antonio Cocomazzi Project (del 2008) il linguaggio del jazz entra a far parte dell’insieme dei dialetti parlati in modo più marcato, seppure con la morbidezza e la misura di brani in cui la struttura compositiva ha comunque un ruolo forte, in produzioni come Pensieri, anch’essa del 2008, o Nonostante Tutto, del 2006, è la scrittura ad esser protagonista in modo ben più deciso. Su entrambi i fronti è però decisamente rilevante, fino a costituire parte integrante della bellezza dei lavori, la pienezza del controllo sullo strumento da parte di Cocomazzi, che gestisce ogni passaggio dosando volumi e dinamiche con grande perizia e pulizia. Alcuni momenti in cui fa capolino anche il mediterraneo occidentale mi hanno portato verso qualcosa che nel mio immaginario sonoro appartiene anche a lavori di Chick Corea, ma in uno scambio veloce di mail lo stesso Antonio Cocomazzi non si è trovato d’accordo con me (ed essendo lui l’autore non posso uscirne con un salomonico “la mia parola contro la sua”, dovendo invece concedergli quel minimo di autorevolezza in più che…). Le musiche parlano un linguaggio che fonde ciò che di colto ha sicuramente caratterizzato fortemente la formazione anche tecnica di Cocomazzi con la cultura popolare, presente in molti passaggi armonici e soprattutto melodici di grande impatto evocativo e lirico.
Le scelte adottate per rappresentare queste musiche passano dal piano in solitudine all’affiancamento con un quartetto d’archi come pure ad un ensemble più orientato al jazz comprendente tromba (lo straordinario Mike Applebaum…), contrabbasso e batteria, come pure all’unione di quartetto jazz ed archi; riguardo quest’ultima configurazione, personalmente in alcuni momenti di Antonio Cocomazzi Project trovo che i cambi di scena, con mutamenti d’atmosfera segnati dall’ingresso degli archi o dalla loro uscita, abbiano talvolta una nettezza eccessiva, ma si tratta di considerazioni che ognuno può fare secondo la propria percezione.
Non fosse ancora chiaro, sono davvero felice di aver scoperto questo musicista ed il suo modo di fare musica. Trovo che, in questi tempi di fusion un po’ generalizzata e variamente assortita non solo sul piano musicale, esista una differenza qualitativa forte e avvertibile dentro ognuno di noi tra l’assemblare elementi diversi in una sorta di puzzle multiforme (cosa che può peraltro essere realizzata anche ad alto livello e che quindi decisamente non giudico in sé negativa) e l’integrare ogni componente in qualcosa che è a suo modo nuovo seppur non rivoluzionario, qualcosa che ha valore superiore alla somma di ciò che lo ha generato. Questa musica ha un valore aggiunto perché alle culture da cui trae spunto (quella classica, quelle delle musiche popolari, quella del jazz) aggiunge la capacità di lasciar entrare chi ascolta per produrre qualcosa che poi diviene unico per ciascuno. I gusti poi sono gusti e starà a ciascuno di voi decidere e sentire l’effetto, ma che una musica parli oltre il suo spartito è un traguardo non facile da raggiungere.
Buon ascolto!