Cynic – Traced in Air
L’autostrada corre veloce contro di me, è buio, e solo le stelle sembrano immobili nel panorama che mi circonda. Il lettore CD ha appena ingoiato Traced in Air, l’ultimo lavoro dei Cynic, la mia mente torna indietro di quindici anni, quando Leonardo Castellani, eccellente pianista di formazione classica oggi membro degli Ensoph, ci suggerì Focus. Scorrono le note di Nunc Fluens e The Space For This, la mia mente corre tra asfalto e stelle, fino a che alla mia destra una voce: “Bello questo disco, alza…”. Silvia si è svegliata. In vita sua non ha mai ascoltato un disco di metal estremo.
Quando nel 1993 uscì Focus, il primo album dei Cynic, questi erano la band metal “senza un disco” più famosa di tutti gli Stati Uniti. Paul Masvidal e Sean Reinert, coetani e poco più che ventenni all’epoca, avevano partecipato alla registrazione e composizione di quel capolavoro Grind che è Human, dei Death, mentre il bassista Sean Malone si accingeva a diventare uno dei migliori bassisti elettrici e Chapman Stick-ers del mondo, un eccellente teorico dell’armonia (oltre che dello strumento) e session man richiestissimo non solamente in ambito rock/metal, ma anche e soprattutto prog/jazz/fusion.
La scena Heavy Metal si stava evolvendo forse già da qualche anno, e l’evoluzione portava alla creazione di nuovi generi, all’estremizzazione della brutalità da un lato e della perizia tecnica dall’altro. Già, perchè i ragazzini cominciavano a studiare musica seriamente: armonia, tecnica, composizione, ma la loro irruenza, l’aggressività giovanile comunque si sfogava nella musica più dura. E nacquero capolavori meravigliosi. E nacquero i Cynic.
A quindici anni da Focus esce il secondo album della band, e continua il discorso lasciato allora. I componenti della formazione sono gli stessi di quindici anni fa, con la sola eccezione del chitarrista Jason Gobel (che ora ha lasciato la musica e fa l’ingegnere di processo… lavoro che anche il sottoscritto ha svolto per qualche anno), sostituito da Tymon Kruidenier, ottimo musicista e membro degli olandesi Exivious che molto devono alla strada aperta dai Cynic.
(Per la cronaca dal vivo il basso è suonato da Robin Zielhost, anch’egli proveniente dagli Exivious).
Sono un po’ emozionato la prima volta che ascolto questo lavoro, perchè ricordo lo stupore che ebbi la prima volta che ascoltai Focus, suonava alle mie orecchie come qualcosa di completamente nuovo, unendo la brutalità e la tecnica dei Death, con la ricerca compositiva jazzy degli Atheist, con una visione pià “aperta”, musica che creava luoghi ed ambientazioni nuovi.
E non rimango deluso. Il drumming serrato di Reinert apre Nunc Fluens, il primo pezzo dell’album, si apre il sipario a questa nuova opera. Questo primo strumentale dura poco, e cede il passo a The Space for This, ove compaiono tutti i caratteri distintivi della band: voce filtrata dal vocoder, riff chitarristici Frippiani/Holdsworthiani drumming serrato, growl.
Si passa sfumando alla successiva Evolutionary Sleeper e qui ci fermiamo un attimo per fare un piccolo appunto tecnico. Non trovo molto azzeccato dire che la musica dei Cynic sia associabile al jazz. Forse parlo contro corrente, ma il jazz è musica con una fortissima componente improvvisativa e destrutturante, ove invece le composizioni dei Cynic sono assolutamente e solidamente strutturate. Il fraintendimento nasce dal fatto che oggi come oggi il jazz è la forma musicale popolare più evoluta in assoluto. Ma è riduttivo dire che la musica dei Cynic sia jazzy solo perchè è ottimamente composta attraverso uno studio rigoroso dell’armonia e degli arrangiamenti. E’ semplicemente musica metal (non vergognamocene) ottimamente composta.
La vena malinconica della band esce in ogni brano, e pure il cantato growl contribuisce ad accentuarla (Integral Birth). Gli assoli di Masvidal sono molto lirici, la velocità di alcuni passaggi marca cambi di tonalità ed atmosfera, ma non è mai fine a se stessa o forzatamente virtuosistica.
Il disco è attraversato da continui cambi di tempo e modulazioni, non è mai ripetitivo, e pure questi movimenti ritmico/armonici non stancano l’ascoltatore (o almeno non stancano me…) ed anzi ne mantengono sempre viva l’attenzione.
Silvia mi ha dimostrato che questo disco può piacere anche ai NON cultori del genere, e non perchè strizzi l’occhiolino gigionescamente al mercato, ma perchè tocca corde profonde, perchè la tecnica compositivo/esecutiva che lo attraversa non è stucchevole, perchè la sua malinconia ci culla anche attraverso la crudeltà di alcune armonie.
1. Nunc Fluens
2. The Space For This
3. Evolutionary Sleeper
4. Integral Birth
5. The Unknown Guest
6. Adams Murmur
7. King Of Those Who Know
8. Nunc Stans