Cripple Bastards” Live to hate people I/II”, recensione

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Ancora oggi, dopo centinaia di live ed infinite release, i Cripple Bastards rappresentano appieno il concetto più ampio di Grind(hard)core italiano. Attivi dal 1998, gli storpi bastardi possono vantare un invidiabile excursus artistico basato da sempre su liriche dure e sonorità stilistiche non lontane da Crust, strutture post hardcore d’oltreoceano e grid brutal. Sarebbe però davvero superfluo e tautologico addentrarsi in eccesso all’interno degli stilemi propri di questo longevo ensemble. Infatti, l’approccio del quartetto altro non è che un violento pugno sul viso, ripetutamente colpito da un curioso nichilismo estetico e da sconcertanti sonorità, assestabili tra minimale irruenza e composita lucidità. Influssi sonori affondano le proprie radici nella follia degli Anal Cunt, nella violenza dei Sore Throat e (inevitabilmente) nel mondo sonoro del primo Mick Harris.

Oggi, curiosi e fan potranno dirsi soddisfatti per la nuova uscita targata F.O.A.D Records, fucina reale in cui vengono forgiate sonorità Skate-Hc-Thrash-Grind. La label nostrana arriva sugli scaffali con un elegante digipack opaco, involucro curato di Live to hate people II/I, un mondo ruvido e senza compromessi che ha il suo incipit nel sampler Hitchcockiano, il cui spirito narrativamente misogeno, estrapolato dal suo contesto, finisce per essere la miccia d’innesco della violenta rimostranza contro la band, durante (l’ormai storico) live Open hands festival di Rovereto.

L’andamento granulato ed iper grind dell’impatto sonico ci riporta immediatamente alle prime sensazioni Scum, ben definite prima da Being rippen off e poi dai cambi direzionali di Fear in teh Squatsof the dead, i cui rallentamenti si alternano a ripartenze pronte ad intensificarsi in un accorto alternarsi di growl, clean and scream.

Il crocevia tra Hc, death e grind evolve verso il proto-brutal con When immunities fall, in cui appare interessante l’apporto delle 4 corde, pronto ad anticipare i primi guai raccontati dalla voce dei protagonisti, in una storica presa diretta che, a differenza della parte I, possiede una chiarezza ed una pulizia inattesa. La rabbia dettata dalla situazione sembra acuire l’interpretazione di Get out and bit them e l’adrenalinica Images ofwar/images of pain, in cui il drum set isterico trova la sua coda al deflagrare dell’Oi! Style, che chiude con la cupa e oppressiva visuale di Self Zeroing, climax emotivo che porta agli strascichi (Morte al tossico) inevitabili, che si pongono all’interno di un meritato Parental Advisory.

La seconda parte del disco (denominata I) rappresenta invece un grezzo tuffo nel passato remoto. Torniamo alla Lubjana e al Krsko degli anni novanta, da cui emergono, non tanto l’intento di voler definire una implicita maturazione della band, quanto una necessità etico-filosofica di inquadrare i Cripple come coerenti sempre e comunque. Interessanti performance (I hate her, Radije Volim) offrono citazioni al primo disorientante punx emiliano, senza farci mancare spezie brutali (What i thought), sviluppi in battere (1974 ) e richiami minimali ( A dispetto della discrezione).

A chiudere il disco sono infine alcune cover interessanti come l’indigesta Mass media e Fuck politics, atti anticipatori di piccole perle espressive quali Necrospore e Asti Punx, metri espressivi di vita folle ed iperveloce, raccontata da note e parole violente, che a tratti portano con sé un gioco gratuitamente eccessivo.