Cortex “Cinico Romantico”, recensione

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Cortex è il curioso nom de plume di Enrico Cortellino, attore musicante di una realtà sociale vissuta dall’autore in maniera emozionale e sincera, tra cinismo ed emotività. Sensazioni racchiuse sulle linee dell’opera ultima, dai cui testi sembra trasparire l’illusione di un perduto romanticismo, pronto a (ri)essere, solo attraverso uno scetticismo scomodo, ma necessario. Da questi presupposti si parte per capire Cinico Romantico, nato e sviluppato nella sua quasi totale interezza dal suo deus ex machina, grazie all’apporto di Francesco Valente e Abbazabba.
L’amplificatore valvolare e la torsione vocale arrivano a raccontare così dieci storie comuni, in grado di raccogliere tecnicismi oscuri e strutture narrative piacevoli e al contempo ricercate.

L’album si apre con l’alterazione elettrificata di Aspettando d’impazzire, il cui ritmo fondato su di un unico riuscito riff ,ci invita nella poetica di Cortex, qui bagnata da piccole gocce di pianoforte, che restituiscono un ottimo incipit sonoro, in grado di maturare nello zufolio strappato di Complicare, la cui struttura chiaramente cantautorale sembra voler citare strutture deja ecù, proprio come accade con la ritmica volta all’ossimoro espresso dal titolo. Il brano, considerabile vicino al mondo di Pino Daniele, ci invita in un territorio poetico e direzionato verso scheletri sonori semplici, ma non per questo incapaci nello sviluppare potenzialità espressive che fungono da chiusura improvvisa.

Se poi con Per avere il tuo cuore ci si sposta all’interno di un impolverato blues, è con Bori$ che Cortex ottiene uno step in avanti. Spinto dal domandarsi il valore del denaro, la traccia vive su livelli diversificati, in cui il lo-fi emerge dolcemente tra giochi sonori ed un sapore vintage rivisitato da passaggi stoppati di buon impatto.

Il disco prosegue con la descrizione decadente di un mondo raccontato da una sei corde molto legata al rock anni 70, che nel suo testo cita esplicitamente Spendi, Spandi effendi di Rino Gaetano, al quale Cortellino sembra anelare nel suo citazionismo filtrato da giochi vocali e semplicità suggestiva. Le strade percorse dall’autore offrono infine le sensazioni delicate e rettilinee dell’animo innamorato di Ho di meglio da fare ( che nel suo giro di chitarra ricorda la Save tonight di Eagle-eye cherry) e la disillusa Viversi per comprendersi, sognante nelle sue dolci analisi sociopatiche e vittimiste, quadro disorientante dell’impossibilità di decidere.

Chiude il cerchio imperfetto Omino luci blu, in cui la batteria del Teatro degli Orrori cadenza l’anima persa di una coinvolgente verve recitativa, tra sarcasmo ed allegorie dosate all’eccesso, ma mitigate da un espressività minimalista di un disco che merita attenzione.