Chrome Sky “Artificial”, recensione

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Nati lungo la linea Catania Amsterdam i Chrome Sky arrivano a noi con un album incatalogabile in cui esistono e sopravvivono sguardi divergenti ed ipnotici. Un album fondamentalmente estraniante.

Si, estraniante è l’aggettivo che ho ricercato in maniera oculata e che mi ha convinto maggiormente per poter definire il full-lenght promosso da D Cave Record. Un opera in cui riff heavy incontrano chorus rock e impronte elettroniche di stampo artificiale. Un punto di osservazione solo apparentemente algido e surreale (Corruption ), in cui rimandi “mansoniani” si fondono alla perfezione con un inusuale tecno-nu metal da cui sgorgano anime gotiche e dilatate.

Le eco e i riverberi guidati dalla distorsione della bassline rendono il viaggio nereggiante e a tratti prog, per mostrare con argutezza l’alienazione irreversibile di un uomo perduto tra sessismo ( My Male function) e irrealtà iperborea (The chrome Sky). Infatti, proprio dalle modulazioni strumentali nascono movimenti ambient, atti a riperdere il fil rouge mediante l’evocativa voce narrante, per giungere e chiudersi in una mescolanza visionaria di suoni che ben si allineano con i Fantasmi da Marte provenienti dai primi anni ‘90.

L’album, pensato attorno alle idee di Paolo Milano e Mario Ferrarese, trova poi un’ulteriore spinta tra i giochi demodè di Redemption, a mio avviso unico neo forzato, dal quale si riparte per il dissonante urlo di I dream the day piacevolmente narrativo e suggestivo.

A chiudere il mondo astraente dei Chrome Sky è infine il ritorno alle perdute auree sintetiche di My Scars, traccia in cui la spinta ipnotica dona all’album una chiusura di livello, ideale per ritrovare il coraggio di una miscellanea stilistica spinta e l’inquieta aurea ben metaforizzata dalla straordinarietà iconica della back cover.

Tracklist

1. Artificial Man
2. Corruption
3. My Male Function
4. Chrome Sky
5. Redemption
6. I Dream Of The Day
7. My Scars