Chantry The Emancipation of Elizabeth

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Dietro ad un misterioso sguardo femmineo, il tempo scorre sulle stagioni, nella tranquillità invernale coperta di violenza inumana, tra alcune gocce di sangue che nascondono la calligrafia di un tempo.

Introduzione casuale e confusa?

…No! Solamente semplice lettura iconica della copertina di “The Emancipation Of Elizabeth”, che, sin dalla prima impressione, proprio dettata dall’attenta analisi della bella cover art, sembra definire una precisa ed accurata rappresentazione dell’arte musicale, attenta al sottotesto non lirico e metaforico, attraverso un’accorta cura esponenziale dell’inconsueto. Infatti, il disco, quasi esclusivamente strumentale, riesce condurci in un mondo onirico iridescente e mutevole tra cambi di cadenza e passaggi scorrevoli di buon impatto sonoro.

Un album curioso e acuto, “The Emancipation of Elizabeth” è un debut album di una one-man band creata attorno alla verve raffinata di Alessandro Monopoli, italiano trapiantato in Inghilterra, già compositore per il teatro e videogames. Dieci tracce che, pur non dando un preciso riferimento musicale, viaggiano attraverso il ghotic, heavy e il prog metal dei due decenni precedenti.

L’album si apre con “Shine” l’unico brano del full lenght in cui appare la parte di cantato. Un nu-classic combo tra la limpida voce di Federica Sabatini, che ricorda a tratti la O’Riordan di “Zombi” e un growling di fondiglio, che non convince sino in fondo. Il brano rimane, rispetto all’opera, un elemento a sé, una sorta di corpo estraneo che ha però il merito di definire sin dalle prime battute la voglia e la necessita stilistica di virtuosismo, tra impalcature musicali corpose e filettature nobili, che portano al territorio occupato da “That night”. Una semplice chitarra appoggiata su di una batteria, riproduce uno scheletro musicale che tanto ricorda “Prodigal son” dei Maiden, per una ballad impreziosita da un guitar solo, che ne definisce la buona alchimia musicale.

Il buon inizio non è tradito dal prosieguo del disco, infatti, le sonorità aperte di “Star”, con il suo classico HM e “Emergence”, ci portano attraverso ondulatorie virate, il cui fil rouge è mantenuto dalla sei corde, attraverso i cambi di ritmo che trovano nel nu-progmetal terreno fertile in cui attecchire. Non manca il puro divertissement con “Velvet Darkness They Fear”, che attraverso l’iniziale cupezza Voivodiana, si evolve verso un cammino irto e arduo da percorrere. Come accade spesso in “The Emancipation Of Elizabeth”, il dialogo interno tra sezione ritmica e chitarre traduce gli intenti in note, però non sempre riuscite, come accade nell’enclave funky, che rende il brano in questione tra i più misteriosi, ma anche tra i meno riusciti. Di contro tra i migliori brani troviamo certamente “Flawed Archetype” che, tra tapping e velocità, ricrea spaziose sonorità per un vero e proprio racconto di note, in cui le parole probabilmente non sarebbero riuscite a complementare l’intento stilistico.

Un disco quindi di interessante prospettiva in cui si riscontrano l’amore musicale ed un capace virtuosismo, in cui ritroviamo una mescola singolare di elementi old e nu style… probabilmente Malmsteen , se avesse iniziato ora la sua carriera avrebbe scelto questo stile…

Tracklist:

01. Shine
02. That night
03. Star
04. Emergence
05. What I Lost
06. Flawed Archetype
07. Velvet Darkness They Fear
08. Red Roses in the Snow
09. L’Amore per l’ultima volta
10. Get out

1) A tutte le band chiedo sempre una breve genesi del proprio nome? Perché Chantry?

La risposta e’ semplice, ma forse inusuale. In un videogioco uscito anni fa, “Vampire the masquerade: Redemption” c’era un livello chiamato “Ardan’s Chantry”. Mi piaceva come suonava, cosi’ ho tolto “Ardan’s” e ho tenuto “Chantry”.

2) Ascoltando il tuo disco l’impressione è quella essere di fronte ad una band melodic ghotic, ma le influenze sembrano molte…dal prog all’heavy…da dove arrivano i Chantry? E quali sono le loro influenze musicali?

Fondamentalmente le influenze sono due: il prog ed il gothic  Sono un fan dei vecchi Dream Theater (diciamo i primi album), oltre che di Novembre, Metallica, Megadeth, Elegy e un po’ tutti i gruppi metal famosi negli anni ’80 e ’90. Mi preme spendere due parole in più sui Novembre: sono secondo me il più grande gruppo metal Italiano, ma non credo di sbagliare nel dire che sono il mio gruppo preferito in assoluto, su tutti.
Per il resto, ascolto molto death e black metal e i miei gruppi preferiti sono certamente Cradle of Filth, Dimmu Borgir e Covenant (o Kovenant, dipende dai periodi).
Per il resto, amo molto la musica strumentale, anche se spesso trovo quella chitarristica un po’ troppo asettica, oppure semplicemente noiosa.

3) Da dove nasce l’esigenza di un album prettamente strumentale?

Fondamentalmente dal bisogno che ho avuto in questi anni di portare avanti un tipo di musica che, seppur mantenendo un grado elevato di ascoltabilità, potesse trasmettere emozioni tramite la sola musica.

4) Quali sono i vantaggi e le difficoltà artistiche per una one-man band?

La più grande difficoltà sta nel decidere cosa si può fare bene da soli e per cosa invece servirà un supporto tecnologico o di altre persone. Serve un forte grado di auto-valutazione. Ad esempio io so bene di non saper cantare, per questo motivo ho fatto cantare l’unico brano cantato ad una persona che lo sa fare ed ho fatto fare mix e master ad un professionista.
I vantaggi facilmente identificabili: qualunque cosa io voglia fare, anche la più strana o, al contrario, commerciale e scontata, la posso fare. I tempi decisionali scendono incredibilmente e così i tempi di produzione. Ovviamente il tutto si riflette sui costi, che si riducono.

5) Quanto è importante per autori emergenti il mondo del web? Ho notato che non hai un vero e proprio sito ma ti appoggi a Myspace. Quanto conta la visibilità web e come ti poni nei confronti di essa?

Mi sto attrezzando anche sul sito web  comunque tutta la faccenda del web e’ stata fondamentale, sia per trovare contatti che per la distribuzione e la promozione. Senza web non avrei potuto fare niente. Per questo motivo al momento il web è mio principale mercato e vetrina.

6)Sulla pagina del tuo myspace c’è scritto Southam, Midlands Regno Unito. Perché? Quanto è difficile emergere in Italia e quali differenze ci sono con il Regno Unito?

Su myspace c’e’ scritto Southam perchè è lì che vivo  Ho traslocato dopo aver accettato un lavoro in Codemasters, una ditta inglese che fa videogiochi.
In Inghilterra la musica rock e metal è molto più diffusa ed accettata, proprio da un punto di vista commerciale. Basta pensare a Cradle of Filth, Iron Mainden e tutti i loro amici. A questo si uniscono i centomila gruppi rock presenti sulla scena, che non escono dall’Inghilterra ma hanno comunque un discreto successo. Proporre musica rock/metal in Inghilterra è infinitamente più facile rispetto all’Italia.

7) Una domanda che spesso faccio…visto che il mio alter ego è un illustratore…è quella di cercare di capire come è nata la cover art e con quali obiettivi?

Prima di tutto dico il nome dell’artista: la copertina è stata interamente realizzata e progettata da Rachele Doimo, un grafico estreamente dotato che lavora presso la più importante ditta italiana produttrice di videogiochi: Milestone.
Il processo e’ stato abbastanza semplice: ho dato a Rachele una serie di copertine di riferimento, poi le ho dato il disco da ascoltare, dicendole di trarre da questo il modo in cui la copertina avrebbe dovuto essere. Lei mi ha proposto delle soluzioni ed io ho semplicemente scelto quella che in qualche modo si avvicinava di più alle atmosfere del disco. E’ davvero facile lavorare con degli artisti, quando questi hanno l’abilità di portare quello che immaginano direttamente in immagini.
Diventa invece incredibilmente difficile nel momento in cui il grafico vuole una perfetta descrizione di quello che si vorrebbe.
Spesso il musicista (nel mio caso io) non ha la sensibilità e l’esperienza adatti a decidere cosa deve andare su una copertina: spesso si chiedono soggetti abusati (elfi, nani, esplosioni, sangue).
Per questo ho preferito lasciar fare ad un professionista: di certo lei conosce il suo lavoro molto meglio di me.