Cerebral Paralysis “Cyrcles of Evisceration”, recensione
Dopo un piccolo e ispirevole promo, i Celebral Paralysis giungo al proprio debutto con Cycles of Evisceration, avvolgente full lenght raccontato non solo dalla prodigiosa vocalità growl di Matteo Bazzanella (anima narrante degli Indecent Excision) e dalla poliedricità strumentale di Alexander Borovykh, ma anche mediante un utilizzo artistico d’impatto, in grado di riportare alla mente le metodiche espressivi di Hans Ruedi Giger, citato (forse indirettamente) da una cover art pronta a trascinare chi di metal estremo si ciba quotidianamente,
Il combo italo-russo, presentandosi con la miglior forma espressiva, si affaccia ai confini di una nuova avventura, spinto da tecnica ed esperienze maturate da realtà pregresse, pronte a fornire le giuste impalcature per questa nuova proposta Permeated Records.
L’oscura discesa ha inizio con la metodica fagocitante di un preambolo angosciante ed impermeabile alle sensazioni. Un vuoto caustico posto tra le profondità di un universo che si avvolge nel nero gutturale del non luogo, espressione iniziatica di un trait d’union cadenzato tra growl espressivo e profondo, in perfetta armonia con i sentori futuristici e doomatici di Cerebralosauros, celebrazione orrorifica di una nuova nascita. Il mondo dei Cerebral Paralysis sembra voler offrire il meglio di sé mediante le improvvise accelerazioni di Contagious genetic cesspool, straordinaria traccia brutale e devastante, in cui lo spettro vocale giunge a governare contorni speed, pronti a rimodellarsi su tempistiche rallentate ed oscure.
Piani espressivi che tornano tra le piaghe dei nuovi cancelli di Mass contamination of the matrix, in cui si ritrovano influssi catchy, rapiti da venature nu metal anni’90 e resi putridi dalla linea vocale, abile nel riportare il concept su rallentamenti emozionali, complementari a venature cripto-rumoristiche.
La sei corde contribuisce poi con Slut Hunting a macchiare il percorso di una feroce claustrofobia narrativa, delineata tra le convulsioni spastiche di Throated, essenza indefinita in cui un drum set violento appare reale violazione di continuativi processi di direzionale mutamento.
In nerbo nereggiante prosegue stridente con le tensioni armoniche di Paralysed and broken e l’angusto nerume vorticoso di Scorch, per poi dirigersi verso i passaggi terminali di un disco inusualmente lungo, che sembra spingersi oltre l’atteso. Grazie ad un riuscito lavoro di songwriting, in grado di vivere in perfetta armonia con la sezione ritmica, il disco si pone sulla distorsione di un chitarra pronta a portare i suoi estremi espressivi verso l’ardire di un racconto dilaniante ( Working in shine), in cui intarsi technical anticipano l’atto terminale di Cyrcles of evisceration, finale processo mefistofelico, pronto ad incrociare le sofferenti urla ben metaforizzate da echi e riverberi schizzoidi.
Un disco, dunque, impegnativo, da ascoltare con attenzione, nel tentativo di raccogliere le infinite sfumature narrative, intrappolate nella folle strutturazione musicale, specchio perfetto dell’opera pittorica di Jon Zig, abile nel racchiudere nei suoi cromatismi le infernali creature cantate dalla band.