BosioL’abbrivio, recensione

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Arrivano dall’underground genovese, quello popolato dai Laghi secchi, Numero 6 e Tarick1, esempi di realtà sub-culturali di stampo indie, che da anni vivono in una particolare e vivace ombra alternativa. Proprio da questo particolare habitat proviene Pietro Bosio, che spesso ha vestito i panni del non protagonista, nascosto tra le molte linee di basso. Oggi, a Pietro si affianca la voce del fratello Enrico, vocalist degli En Roco, e Giorgios Augerinos apici di un triangolo musicale che si propone sotto il monicker Bosio, pronti a gettarsi nella mischia con il loro debut, appena licenziato dalla The prisoner Records, coraggiosa costola di Mezzala.

Il disco, vestito da minimal slim in digipack, si presenta orfano di un vero booklet in cui i testi sono sostituiti da due bucoliche immagini. Nonostante il limite strutturale del packaging, è la genuina ironia a sopperire a mancanze estetiche; proprio con la loro dissacrante visione della società i tre musicisti si presentano riconducendo direttamente l’attenzione sull’assoluta spontaneità delle loro idee. Testi e suoni appaiono naturali, diretti e a tratti volutamente naive, attraverso un uso dis/armonico di trovate soniche che a tratti lasciano spazio a schemi free, improvvisazioni e verismo narrativo, spinto da un urgenza lessicale che si fa metafora in una location musicale inusuale.

Gli autori di questo bislacco esordio propongono con intelligenza composizioni giocose e tecnicamente ben strutturate, mettendo a disposizione della pulizia vocale la curiosa gaiezza teatrale di Lontano, il cui l’incipit risuona per poi perdersi tra influssi diversificati di note condotte in profondità. Da qui si evince un retrò-gusto eighteen, che va ad unirsi al sarcasmo politico-anticlericale assestato su cambiamenti ritmici evocativi, che palesano la necessità continua di nuove sonorità. Infatti la band sembra non accontentarsi di un andamento univoco dei brani, ma al contrario cerca di amalgamare una serie di idee brillanti, che lasciano il segno sia dal punto di vista compositivo, sia lessicale, tra tamburelli e sonorità particolari che li avvicinano ad una sorta di cantuatoriato alternative. Se poi con No vatican No taliban ritroviamo accenni post, con l’amplificazione di Cimento ci avviciniamo ad una metodologia espositiva tipica dei Creedence, che sembrano emergere dal buon riff supportato da batteria e banjo.

Il viaggio surreale nel mondo di Bosio continua poi con la ridondante espressione di Che fare? e l’indie di In auto, da cui emerge una linea di cantato volutamente disarmonica, ma ben definita tra slanciata dolcezza e la cadenzata andatura del violino che, come in una ricetta di Gordon Ramsey, riesce a bilanciare acidità e basicità in maniera perfetta.

I brani del disco incontrano la piacevolezza d’ascolto durante tutto il tragitto musicale proposto dalla band che chiude il proprio operato con la spensieratezza di Casa piccola (a F.B.) e l’ottimo arrangiamento di Verrà la pioggia , brano conclusione di un album che convince proprio per la sua estraneità alla linearità compositiva, figlia di un lavoro d’esecuzione che ricopre un lustro artistico, qui impreziosito dalla psichedelia di Tristan, il violoncello di Jacopo e i synth di Mattia, parti integranti di un progetto che oggi sembra avere le caratteristiche di un interessante spin off.

Tracklist
1. Invano
2. Lontano
3. No Vatican No Taliban
4. Cimento
5. Che Fare?
6. Modo E Modo
7. In Auto
8. Casa Piccola (Meeting F. B.)
9. I Merli
10. Polvere
11. Verrà La Pioggia