Bologna Violenta “Utopie e piccole soddisfazioni”, recensione

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Ci sono dischi che arrivano in redazione e ci sono dischi che facciamo arrivare il redazione.

La differenza filologica di questa affermazione è tanto chiara quanto sottile e, nella necessità di chiarire, questa nuova release di Bologna Violenta appartiene alla seconda categoria. Un disco fortemente voluto da Music on tnt, anche alla luce dell’ottimo Il nuovissimo mondo, recensito qualche anno addietro dalla nostra rivista.

Il project di Nicola Manzan torna sotto l’ala sinergica Wallace-Dischi Bervinti in un elegante digipack slim in nero opaco, che con il suo folder interno sembra voler omaggiare il caro e vecchio vinile. Utopie e piccole soddisfazioni è il terzo full length dell’autore, qui prodigo nel tentativo di abbandonare le citazioni filmiche dei lavori precedenti, in favore di liriche ultra ermetiche, che come l’utopia sembrano realizzarsi senza però compiersi, lasciando così finali aperti ed intrecci tanto folli quanto surreali.

Ventuno tracce tagliate da un interludio, che funge da meccanismo defatigante per un percorso che raccoglie tradizione popolare e sperimentalismo, in un incredibilmente riuscito sposalizio tra strutture grind, classic e iper-sperimentali.

Ad aprire il disco è il sampler dell’ex presidente Saragat, le cui parole d’augurio implodono verso note appuntite pronte a ferire (Sangue in bocca e È sempre la solita storia, ma un giorno muori) e a destabilizzare ( Lutto alla testa) ).
Nel sentiero alla base dell’anfiteatro dove si esibiscono le idee edificate da Bologna Violenta, sembra focalizzarsi un interesse sonoro verso il mondo dell’est, non solo attraverso brani come Le armi in fondo al mare, in cui la voce di Arthur Taganov si deforma su di una struttura (non) armonica, ma anche con episodi quali Vorrei sposare un vecchio , in cui il violoncello di Angelo Maria Santisi si prodiga al colloqui con il coro Pracownikow Kobiet per un estratto di Wyszlabym Za Dzruada .

Sorprendono poi gli intarsi black metal di Il bimbo e (in maniera meno evidente) di You’re enough, splendida traccia grind in cui la voce di J.Randall degli Agoraphobic Nosebleed ci trascina in un delizioso angolo di violenza musicale, che si fa sperimentale prima (Lasciate che i potenti vengano a me ) e schizzofrenica poi ( Re merda.)

Non mancano infine ricerche sonore legate al punx emiliano degli anni ’80 ( Mi fai schifo), né sguardi sintetic-eighteen (Terrore nel triregno ), che fungono alla destabilizzazione emotiva interposta tra il rumorismo e il Christus natus est delle voci gregoriane de Il convento sodomita.

Insomma un disco che persegue gli stilemi tipici di questo interessante one man band, pronto ancora una volta a colpire in maniera forte e decisa, definendo i lineamenti di un disco difficilmente etichettabile…ma tutto da scoprire.

Tracklist

Incipit
Vorrei sposare un vecchio
Utopie
Sangue in bocca
Costruirò un castello per lei
E’ sempre la solita storia ma un giorno muori
Valium Tavor Serenase
You’re enough
Metri cubi di sterco
Lasciate che i potenti vengano a me
Remerda
Intermezzo
Il convento sodomita
Terrore nel triregno
Mi fai schifo
Il bimbo
Lutto della testa
Piccole soddisfazioni
Popole bue
Le armi in fondo al mare
Transexualismo
Finale-con rassegnazione