Ben Harper – White lies for dark times, recensione.
Ritorna, finalmente, Ben Harper. Ritorna con un disco nuovo di zecca e sopratutto con una band nuova di zecca i Rentless7.
Personalmente non vi nascondo che Ben Harper mi piace moltissimo. Scrive belle canzoni e cambia spesso genere. Ha iniziato infatti con il reggae per finire con il rock di questo suo White lies for dark times passando attraverso il blues e le ballads di Both side of the gun.
Non vi nascondo di esser stato sorpreso quando ho visto quanti dischi ha pubblicato Harper e con quale (alto) valore artistico. In questo album si respira il rock ragazzi miei, quello fatto di strumenti veri. Basso, batteria e chitarre sono onnipresenti e, specie queste ultime, rendono l’ascolto di White lies for dark times elettrizzante.
Il sound è quello giusto, la voce di Harper è quella di sempre, e quindi riconoscibilissima, graffiante, a volte quasi acida ma perfetta nel suo ruolo. Le canzoni scorrono con una facilità imbarazzante rapito come sono dall’ascolto e, vi confesso, ho dovuto riascoltare il cd una quantità di volte non indifferente prima di volerne scrivere perché sempre ho avuto l’impressione di aver scoperto una parte degna di essere citata.
Diversamente dalle ultime sue produzioni, Harper stavolta sembra abbandonare lo stile unplugged che lo ha distinto in passato e l’album assume una connotazione decisamente dura, pur non essendo mai troppo pesante. Non so se sia il miglior disco di questo artista, ma sicuramente è tra i migliori e va ascoltato con attenzione e con piacere.
Se vi dovessi fare una classifica delle canzoni preferite potrei citarvi la tirata Number with no name che poi è la più marcatamente blues di tutto l’album, con una bella intro di chitarra. La deflagrante Shimmer and shine che si lascia travolgere dalla batteria di Jordan Richardson e che duetta poi con il sound elettrico della chitarra di Harper.
Un piccolo capitolo lo vorrei dedicare a Why must you always dress in black, una vera iniezione di adrenalina che fa saltare sulla sedia e fa verir voglia di cantare a squarciagola. Quando la ascolto non riesco a star fermo in nessun modo, cercatela, ascoltatela e godetene, poi mi saprete dire.
Per capire il diverso approccio che Harper ha messo in questo disco basta vedere i video che sono su Youtube, sembra quasi di assistere a una performance dei Linki’n park. Skin thin invece è un ritorno alle atmosfere ovattate e quasi folk del primo cd di Both side of the gun. Mi è piaciuta moltissimo perché ritengo che Harper comunque riesca a dare il meglio di sé proprio in veste folk e unplugged.
Voglio fermarmi qui, e non andare oltre, sperando che vogliate cercare le canzoni di questo album su Youtube e che ritroviate le mie stesse impressioni. In conclusione un bel cd, rock quanto basta con quella sua splendida venatura di blues che fa capolino in alcune delle canzoni che lo compongono. Per me assolutamente un best buy!
- Number with no name
- Up to you now
- Shimmer and shine
- Lay there and hate me
- Why must you always dress in black
- Skin thin
- Fly one time
- Keep it together (so I can fall apart)
- Boots like these
- The word suicide
- Faithfully remain