Beethoven – concerto n. 4 op 58. Live auditorium di Roma.

Ritratto

Questo concerto fu scritto fra il 1805 e il 1806, in pieno “secondo stile” beethoveniano; lo stile eroico, monumentale e titanico, per intenderci. Il parossismo drammatico per antonomasia. Ciononostante, questa partitura è caratterizzata da una scrittura intimistica, delicata, a tratti lirica. Non abbiamo la consueta energica (a volte brutale) contrapposizione fra solista ed orchestra a cui Beethoven ci ha abituato negli altri concerti, ma troviamo piuttosto un pacato – a volte sommesso – dialogo.

Ebbene Pappano e Lupu hanno trovato la chiave di volta per rendere in modo mirabile la delicata tinta musicale richiesta da Beethoven per questa composizione. Delicatezza e intimismo erano i termini che venivano in mente appena terminata l’esecuzione.

I tempi erano piuttosto lenti, con particolare enfasi nei momenti più lirici. Sebbene io non sia propriamente un estimatore dei tempi lenti, trovo che in questo caso abbiano creato un’atmosfera meravigliosa, in linea con le intenzioni del compositore. Solo nel rondò finale si sono “azzardati” ad accelerare leggermente, come in effetti ci si aspetterebbe da un terzo movimento, ma senza stravolgere l’impostazione che avevano dato ai due movimenti precedenti.

Stesso discorso per la dinamica, sempre molto contenuta, ma allo stesso tempo ricchissima di sfumature. L’orchestra si è rivelata capace di passaggi di delicatezza impressionante; il suono era chiarissimo, puro Classicismo Viennese.

Il tocco di Radu Lupu sulla tastiera ha raggiunto vette espressive di rara intensità; per ogni minima sfumatura di dinamica o colore del pianoforte l’orchestra rispondeva senza esitazioni generando quel meraviglioso dialogo che è il fulcro di questo concerto.

L’intesa fra direttore e pianista era assoluta, tale da far sospettare che fossero telepatici. Alla fine della serata è rimasto un unico rimpianto: che un’interpretazione così ben riuscita non sia stata affidata al disco.

Come termine di paragone interpretativo propongo un confronto con l’incisione dello stesso concerto eseguito dalla Berliner Philarmoniker diretta da Abbado con Maurizio Pollini al pianoforte (Deutsche Grammophon, registrazione dal vivo del 1996).

In questa esecuzione l’impostazione intimistica è più sfumata ed è accompagnata da un senso di maggior energia. Complessivamente la sensazione all’ascolto è di maggior vicinanza allo stile eroico beethoveniano, laddove la visione della coppia Lupu – Pappano non abbandona mai il delicato intimismo già descritto.

Due modi piuttosto diversi di intendere questo concerto, ugualmente interessanti e che certamente stimolano ulteriori riflessioni su questa bellissima composizione.