Arbe Garbe “Arbeit Garbeit”.recensione

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Aprite le orecchie COMPRATEVI ¡Arbeit Garbeit!

Non li conoscevo…ora si… e me ne sono invaghito. Sono pazzi, schizzati, creativi, allegri, sguaiati e non più di primo pelo, visto che la loro formazione è attiva più o meno da circa 17 anni. Un erba cattiva che mescola folk, punk, rock e ritmo in levare, nel tentativo (riuscito) di sdoganare la musica popolare propriamente detta, definendo un buon punto di incontro tra la tradizione e l’oggi.

La loro storia li coinvolge anche in una serie di progetti collaterali come la Bande Garbe, Croz Sclizzâz e a Trio Bestie, Snait! , laboratorio permanente di arti e mestieri per i bambini Buenos Aires.
Il loro approccio multisettoriale all’arte si rispecchia chiaramente all’interno di una creatività compositiva, che appare senza fondo, riuscendo, senza soluzione di continuità a passare dall’italiano allo spagnolo, sino al dialetto friulano, passando al beneciano, lingua d’origine slava propria del Friuli orientale… insomma una seria di idiomi al servizio dell’immaginario della band.

Una nuova tendenza musicale che sarà un deja ecu per gli ascoltatori di Caterpillar e Fuori Giri, ma per molti sarà una scoperta lieta che proprio in queste settimane sarà possibile rinverdire attraverso il nuovo disco che il quintetto descrive come un concentrato di folk punk free noise che traghetta il sound verso mari più metallici e dissonanti, senza però rinunciare alla carica adrenalinica …

Dopo un intro atto a richiamare le folle che mi dicono esserci ai loro concerti, gli animi si surriscaldano immediatamente con il riff di El cura, in cui un basso potente e una chitarra distorta potrebbero benissimo uscire da un disco degli Anthrax, se non fosse che la tromba, talvolta invasiva, di Flavio Zanuttini, ci riconduce ad un sabor latino in perfetta armonia con il cantato castigliano, per una magnifica voce roca, calda e cartavetrata, che ben si sposa ad una variegata partitura dai cenni in levare e ritmiche ipno-agressive. I sentieri che conducono a Preghiera per Arnaud, dai controcanti e dagli intarsi da folk combattivo, sono arricchiti da corde semplici e dirette, come la punkettara e per certi versi caposelliana Tornerai. Con Noi So Sante si approda ad un territorio Gang, attraverso un’impostazione ballad, resa unica dall’utilizzo dialettale, che sfoglia la tradizione dal sapore di paese, la cui magica atmosfera sembra sorgere al di là delle verdi colline da cui sarebbe ideale ascoltare il proprio cuore d’infanzia.

I momenti riflessivi non sono molti, infatti torniamo immediatamente ad un folk-punk danzereccio, che si trasforma in un inseguirsi di note eccessive ai confini del rumorismo. Poi la voce sardonica e un controcanto anticipano i molti cambi i direzione interni, porgendo un volo stranito alla partitura. Tra il serio ed il faceto attraversiamo la lingua balcanica con O le pridi, sino al rimando alla Persiana Jones di In fondo al mare, in cui l’ottimo rullante detta i tempi a fiati perfetti.
Insomma un album originale, legato al mondo folk punk, che in maniera tutt’altro che pedissequa..regalando qualcosa di più che i soliti cliquè…questa è musica per le vostre menti.

1. Intro
2. El Cura
3. Preghiera per Artaud
4. Tornerai
5. No Soi Sante
6. Il Volo della Paloma
7. In Fondo al Mare
8. O Le Pridi
9. Dos Pesos
10. Une Bugade Di Vint