AmeriKKKa’s Most Wanted
Los Angeles, California, 1988: irrompono sulla scena Hip-Hop e sulla vita dell’americano medio un gruppo composto da cinque neri di nero vestiti, compresi occhiali scuri e berretto da baseball che annunciava a mò di targa il quartiere di provenienza, Compton, ossia uno dei più complicati (per usare un eufemismo) della città nota per Hollywood e Santa Monica.
L’acronimo utilizzato dalla band, N.W.A., stava per “Niggers With Attitude” e già questo sarebbe stato sufficente per comprendere che le star del cinema e le spaggie dorate poco entravano con la loro musica.
Il fatto è che le loro spietate cronache del ghetto fatte di gang, sparatorie, donne di cattivi costumi, droga, carcere e quant’altro invece di risultare soltanto un attacco frontale all’America benpensante, ebbero un appeal sorprendente tra i teenager medio-borghesi, i quali portarono ai primi posti delle classifiche pezzi come “Fuck The Police” e “Gangsta Gangsta”.
Ed anche se il gruppo stesso inserì nel suo album-capolavoro “Straight Outta Compton”, un pezzo che metteva in guardia i genitori per il contenuto poco adatto ai minori (“Parental Discretion Iz Advised”) non fu assolutamente sufficente a frenare le ire di chi proprio non tollerava che i propri figli ascoltassero quello che succedeva in strade spesso nemmeno troppo lontane da quelle delle loro case. Putiferio scontato ed ovviamente grande pubblicità per il gruppo, dischi d’oro e successo insperato per un disco che rimane un classico dell’Hip-Hop e senza dubbio la bandiera del gangsta rap. E se parte del merito va ad un giovane Dr. Dre, autore delle musiche, i testi infuocati portavano per la gran parte la firma di un altrettanto giovane Ice Cube, senz’alcun dubbio il rapper di punta del gruppo più controverso di sempre.
Il successo portò gli N.W.A. a comporre un altro album ancora più duro che ebbe altrettanto successo ma problemi interni portarono Ice Cube fuori dalla formazione per perseguire una carriera solista che avrà diversi risvolti fino a sfociare nella conversione ad attore (ormai affermato) di quella Hollywood che sembrava così lontana. Ma quando nel 1990 Ice Cube metteva voce al microfono era probabilmente una delle voci più pungenti d’America, uno dei rappers più rispettati del pianeta ed uno con cui pochi volevano competere. Forse c’era solo un gruppo che teneva testa alla sua forza all’epoca ed erano gli inossidabili Public Enemy, la cui energia d’impatto riuscì a portare un messaggio socio-politico anche estremo nelle stesse case in cui poi gli N.W.A avrebbero portato le notizie del ghetto. Ecco allora che le due forze sorprendentemente trovano modo di unirsi nel momento in cui Ice Cube “convoca” la Bomb Squad (il team di produzione dei Public Enemy) per produrre interamente il suo esordio da solista, dal titolo emblematico di “AmeriKKKa’s Most Wanted”. E si, quelle tre K stanno proprio per Ku Klux Klan, un modo diretto ed efficace per denunciare il razzismo ancora ben presente negli USA. Già in questo si intuisce una leggera virata verso toni più sociali e meno street rispetto al passato, ma quello che riesce perfettamente ad Ice Cube è proprio fondere i due aspetti senza risultare mai forzato.
Che non ci aspetti però un album leggero, anzi! La sola intro “Better Off Dead”, in cui si mette in scena l’esecuzione sulla sedia elettrica e dove le ultime parole del condannato sono “fanculo tutti” dovrebbe far capire il clima in cui ci si immerge.
I primi due pezzi dell’album, “The Nigga You Love To Hate” e la title-track sono frutto diretto della messa alla gogna per il lavoro svolto con gli N.W.A del quale si riporta l’odio subito spesso sfociato in becero razzismo (“chiunque sia di colore è un massimo ricercato”). Impressiona al primo ascolto la produzione tipicamente newyorkese della Bomb Squad che porta ad un mc di L.A. la crudezza e la potenza del sound che aveva contraddistinto i successi dei Public Enemy. Ed a riascoltarli oggi, l’incredibile storytelling di “You Cant’ Fade Me” o le crude news di “Once Upon a Time in The Projects”, fa quasi impressione trovarsi di fronte a campionamenti di Parliament e Funkadelic resi perfetti per le rime dirette di Ice Cube. E tra skit di incredibile efficacia come quello in cui si campiona il monologo razzista di John Turturro da “Fa La Cosa Giusta”, ci si imbatte in accuse al sistema radiofonico statunitense che penalizza l’Hip-Hop per favorire cose più “soft” (“Turn Off The Radio”) oppure all’esplosiva collaborazione con Chuck D in “Endangered Species” dove i due rappers paragonano i giovani neri ad un animale in via estinzione e non mancano stilettate agli abusi della polizia e del sistema in generale, in tutto in un tiratissimo funk della Bomb Squad. Chuck non è l’unico componente dei Public Enemy a dividersi il microfono con Ice Cube, c’è anche il folletto Flavor Flav che regala un momento di totale follia in “I’m Only Out For One Thang”, dall’aria misogina che aleggia un po’ in tutto l’album ed in questo caso si va nello specifico in maniera assolutamente vietata ai minori ma dal risultato staordinariamente magnetico.
Ice Cube trova anche il modo per introdurre la sua nuova crew in “Rollin’ With The Lench Mob”, pezzo in cui chitarre distorte, scratch e batteria sporca fanno da cornice ad una dichiarazione di indipendenza dai dettami della positività a tutti i costi, giustificando con tanto di spiegazioni lo stile di vita necessario per sopravvivere nel ghetto. Singolo che fece presa anche tra un pubblico in cerca di beat più soffusi fu “Who’s The Mack”, in realtà capolavoro della Bomb Squad tra atmosfere jazz molto notturne con tanto di piano live ad accompagnare un testo che descrive una delle figure-mito della malavita underground ricreando un mood che riporta alla blaxploitation. Prima di chiudere, spazio a Yo-Yo, rapper donna lanciata proprio in quest’occasione da Ice Cube, in una geniale “It’s a Man’s World”, dove i due protagonisti si scambiano accuse sessiste generando un confronto uomo-donna che smitizza in un colpo solo le critiche di misoginia al protagonista, il tutto su un perfetto campionamento di James Brown. L’ultimo pezzo si chiama “The Bomb” (forse la miglior performance lirica), e nessun titolo potrebbe riassumere meglio l’essenza di questo album, una vera e propria esplosione condensata in un’ora di grande musica, di rime la cui forza d’impatto è stata raramente raggiunta nel futuro.
Chi ancora non avesse questo album nella sua collezione, può approfittare della recente riedizione in CD che vede l’inclusione del successivo EP “Kill At Will” contenente le perle “The Product” e “Dead Homiez”, una gustosa aggiunta ad uno dei lavori più importanti della storia dell’Hip-Hop.