Alboran trio – Near Gale
Siamo all’ascolto di un secondo album-sempre il più difficile nella carriera di un artista,diceva un tizio non propriamente dell’area jazz-.
Il secondo album è oltretutto a seguire un debutto che ha colpito in modo molto positivo,con commenti e paragoni molto alti.Quand’è così per il secondo disco si mette proprio male.
Questo trio interessantissimo produce invece un altro bel lavoro,con qualche piccolo appunto che vi dirò ma…Averne,di musicisti per i quali vengono in testa appunti così. Anche il nuovo lavoro,sempre per la label ACT,punta avanti in un percorso musicale che guarda il jazz e la melodia tenendoli insieme con uno stile capace di coniugare-m alternare-Europa e America.
L’affiatamento dei tre è solido e maturo ben oltre i due album di convivenza,e lascia trasparire il linguaggio comune su cui i nostri si incontrano. Rispetto al primo lavoro, dicevamo, c’è forse un pizzico di originalità in meno,magari anche per via del fatto che le trame compositive ed esecutive sono qui di un romanticismo meno epico nei toni e più aperto melodicamente,meno di ricerca e più comunicativo in senso lato,meno introspettivo e più lineare.
Le linee melodiche hanno cantabilità e coinvolgono,lasciando anche all’improvvisazione un ruolo discorsivo e di solare descrittività. Il contraltare è ovviamente -non si può aver tutto- una perdita di evocatività e suggestione rispetto al primo lavoro. Quando le atmosfere si fanno ‘americane’ siano tra un -anche troppo- jarrettiano incedere, che è comunque un signor saper far musica, e aperture armoniche che rimandano -non nel tocco- a Lyle Mays, ma è quando si torna in Europa che il trio dà a mio avviso il meglio di sé in termini di personalità, di originalità -ché quanto a bravura dà il meglio anche altrove.
Insomma, non ci fosse stato il debutto questo sarebbe un disco ottimo, tant’è che… Lo è. E che di fronte a quel mezzo miracolo di equilibrio tra mondi diversi si resta meno stupiti, solo questo. Li attendiamo in giro dal vivo, perché sentirli suonare così fa pensare davvero bene. Altro bell’episodio di jazz italiano.