Albert Marshall “Speakeasy”, recensione
Le copertine parlano, raccontano e suonano ancora prima del disco stesso.
Lo dico di sovente.
Infatti, ad osservare bene la cover art di Speakeasy non ci sono dubbi nel collocare questa nuova release della Red Cat Inst Fringe tra meandri dei virtuosismi chitarristici, qui i posti al servizio di un sound fondamentalmente hard and heavy.
Il debutto di Albert Marshall giunge a noi dopo l’esperienza maturata con la metal band Altair e appare, sin dal primo ascolto, spinto da una particolare urgenza narrativa, oltreché da una voglia di sperimentazione (moderata), posta tra buone armonizzazioni e idee espressive raccontate assieme a Simon Dredo e Benji Novello.
Le sonorità, tipicamente heavy, si palesano sin da subito ponendosi attraverso i virtuosismi di Butler’s Revenge, traccia strumentale in grado di delineare nell’immediato isterismi dominanti attraverso richiami celati da un sound, per certi versi, vicino a Satriani e Steve Vai. Le sonorità, corpose e a tratti visionarie, sembrano rifarsi alla prima parte degli anni 80 (Badlands), mostrando partiture piacevolmente comunicative (Re marzapane). Infatti, l’aspetto narrativo più classico emerge solamente in due tracce: Fallen Angel e Tristam fireland, entrambe sostenute della vocalità pulita di Mark Boals, i cui colori vocali sembra non ricordare Tony Martin di Headless cross.
Ascoltando le otto tracce di questo platter, però, non sono riuscito né a trovare un apice compositivo, né tantomeno un lato poco convincente… forse perché il disco nella sua interezza sembra mostrare una qualità costante e credibile. Così dimostrano l’anima blues di Ramshakle blues e la conclusiva Eclipse (White Horse), delicata chiusura che, con i suoi gentili rimandi a Randy Rhoads, pone termine ad un disco trasversale.
1. Butler’s Revenge
2. Badlands
3. Fallen Angel
4. Re Marzapane.
5. Dreamlover
6. Tristam Fireland
7. Ramshackle Blues
8. Eclipse (White Horse)