Agape “Mind Pollution”, recensione
Otto tracce per 30 minuti, un sapore sci-fi che, tra distorsioni e garage taste, ci conduce sotto i piccoli palchi underground di un’Italia viva e vivace.
Si chiamano Agape e sopravvivono tra le onde del rock da poco meno di cinque anni, spinti da influenze che arrivano dal mondo TNT degli anni ’70 (Mind the gap) e dall’hard rock anni ’90 (The spark)
La band, trainata dal una vocalità avvolgente e narrativa, dovrebbe forse spingere sull’acceleratore della bass line, che a tratti sembra soffocare tra le pelli di tracce come Loss on ignition. Il quintetto fiorentino, licenziato dalla Red Cat Records, offre sin dal primo ascolto un mood trainante, che (probabilmente) riuscirà a convincervi con il Self Confidence, per poi invitarvi nelle atmosfere più inquiete di The surgeon, posta tra funzionali back vocals e pop rock.
A chiudere l’album ci pensa infine Uranium 238, probabilmente la traccia più interessante del disco. Infatti, la track, caratterizzata da un’overture riuscita, matura tra riff, pelli tribali e cambi direzionali, all’interno dei quali la voce di Alice Taddei finisce per aprire gli occhi dell’attenzione.
Dunque, nulla di germinale, its only rock ‘n’roll…but i like it e, a dirla tutta, spero di poterli vedere al più presto in presa live.