Aevum “Impressions”, recensione
Avviso ai naviganti: il seguente articolo si basa su l’espressività tipiche del gothic metal, pertanto, se non siete amanti della fusione tra metal ed il neoclassicismo, andate oltre! Qui troverete lirismi growl e screaming, allineati in un classico (e per certi versi stereotipato) andamento sinfonico.
Si chiamano Aevum e rappresentano l’ evoluzione inevitabile del goth. Sette anime dall’estetismo perfetto che si amalgamano in questo atteso debutto, edito da Fuel Records e promosso dalla Red Cat Promotion. Un’opera sonora studiata e ragionata, al servizio di un continuum definito da alternanze ininterrotte, impostate attorno a virate stilistiche, reali fulcri influenti di un disco pronto a confluire nella rappresentazione metaforica del palcoscenico della mente.
Il disco, strutturato in parte come un’opera unica e concettuale, sin dalla cover art mostra il suo lato espressivo, grazie al lavoro di Jessica ed Erika Dardano, in sinergia realizzativa con il graphic design Irene Riggio, abile nel descrivere i contorni del sipario iconografico.
Ad aprire l’opera è un inquietante e teatrale incipit, in cui si delinea una mescolanza accorta tra un approccio tipicamente filmico ed un’onirica sensazione emotiva, pronta a convogliare sulle sonorità di Blade’s Kiss. Infatti, la kubrickiana overture sembra fungere da impatto sonoro, intento a regolare idee ed approcci vocali diversificati, innestati in una miscellanea di stili, qui delimitati nei propri confini da inattese sensazioni techno industrial e oscurità tetra. Proprio dal songwriting emerge la cupezza narrativa che per certi versi pare richiamare la cinematografia horror anni’60.
I lirismi si alternano a growl, scream e clean voice, in un percorso coraggioso e delimitato dal battente drum set. I passaggi sinfonici (dai contorni neri) si alternano ad intersezioni armoniche e pulite, sino a giungere (addirittura) ad un’ambientazione cripto elettronica che ricorda l’ultimo Carpenter.
Un inevitabile eccesso stilistico si ritrova sulle linee di un songwriting ricercato ed ammaliante quanto la lunga battaglia sonora (The battle), in cui un sentito atto preparatorio definisce un calibrato climax sonoro, inquinato da continui mutamenti.
La band appare nel complesso tecnica ed attenta nel raccontare mediante strutture stilistiche tipizzate attorno alle concettualità dell’ermetismo (Impressioni) e del classicismo (Il lamento della ninfa), giungendo a citare in maniera diretta Claudio Monteverdi, straordinario compositore del XVI secolo. Non mancano poi rimandi epici (Lost soul) posti al servizio dell’austerità, né straordinarie performance, che da sole valgono il prezzo del biglietto: To be or…to be. La traccia, di certo tra le più interessanti del full lenght, si presenta come una riuscita divagazione di Summertime di George Gershwin, reinterpretato mediante un tracciato avvolgente ed intenso, in cui l’alterazione emotiva sembra volerci riportare a stilismi battiatiani. Una suite che offre un orizzonte lucente alla band, proprio come accade nell’ottima Monsters, in cui nuove sonorità metal si concretizzano tra stoppate e tagli, che ritrorvano in Adieu à la scene l’atto di chiusura, pronto a calare sulle menti degli astanti un sipario color cremisi.
Tracklist
01. Il palcoscenico della mente
02. Blade’s kiss
03. Intermezzo
04. The battle
05. Il lamento della ninfa
06. Impressioni
07. Lost soul
08. To be or…to be
09. Aevum
10. Monsters
11. Adieu à la scène