Addio Proust!
Chitarra (e voce), batteria e basso.
Un classico power trio.
Si chiamano Addio Proust con il punto esclamativo. Arrivano da Firenze e da Firenze e ripartono grazie alla Red Cat Records, ideale label in grado di valorizzare il reale potenziale espressivo di una band ricca di idee e groove.
Un’espressione musicale apparentemente vicina al rock alternativo, posta tra i solchi di un disco che viene descritto nel press kit come viscerale, istintivo e surreale… e non posso che dirmi in accordo su quanto detto, poichè il debut album racchiude in sé sensazioni destabilizzanti e visionarie striature. A dare ulteriore alito ciclotimico è di certo l’ermetica e metaforica tendenza narrativa, in cui sperimentalismi e ridondanze si uniscono a scarificati passaggi ricchi di rabbia e follia.
Il mondo immaginifico dell’ensemble ha inizio con A.P. , destabilizzante introduzione fiabesca ed onirica, atta a portarci verso una realtà ricca di sfumature acquarellate, i cui pochi secondi strutturali portano le note della chitarra a narrare un piccolo romanzo, pronto ad invitarci sul confine di un’improvvisa mutazione (Macello), in cui ciò che si dice non è ciò che si sente.
Sin dalle prime battute si raccolgono i primi spigoli con blandi rimandi Marlene, qui posti tra gli overlay della sezione ritmica. Una linea sonora in grado di donare una continuità perfetta al surreale, che sembra non disdegnare rimandi anni ’50, talvolta mescolati a sentori Freak Antoni, proprio come accade in maniera marcata nelle linee di Film. Non mancano poi istericizzazioni narrative e impronte stoner, che giungono, senza soluzione di continuità, ad un’anima Zen Circus di stampo semiacustico (Sulla coda di novembre).
Dunque non ci si annoia di certo, e vi basterà ascoltare Ascessi per rendervene conto, un urlo isterico che rimanda al mondo punk, pronto a tornare con la reiterata Virus, folgorante traccia che ricorda inevitabilmente (sin dal titolo) il punk milanese degli anni ’80; parallelismi inevitabili che proseguono con Mi vedi sono qua, il cui spirito “westernato” gioca con minimalismo e tempistiche che di rado superano i 3 minuti.
Così, attraverso i ben definiti giochi lessicali e le attese armonie visionarie (Insetto e Neve) la band giunge ad alimentare l’ottima release anche mediante il suo packaging, su cui vivono le sognanti matite di Enrico Guerrini il quale, pur perdendosi all’interno del booklet, ritrova nella sua arte rimandi espressivi vicini allo splendore surreale del genovese Gregorio Giannotta.
Insomma, un disco impeccabile, ricco di sfumature, citazioni e diversificati livelli di lettura, posti con naturalezza tra significato è significante.
01. A.P.
02. Macello
03. Pesci
04. Bove
05. Sulla coda di novembre
06. Ascessi
07. Film
08. Virus
09. Mi vedi sono qua
10. Insetto
11. Neve
12. Alien