Acqua e Vino Chianciano Jazz Festival 2017
Vedere l’Italia in ogni sua bellezza. l’Italia delle eccellenze, dei territori, delle tradizioni. l’Italia da promuovere. l’Italia del valzer e l’Italia del caffè, diceva quello. Quanto vorremmo questo presente e questo futuro, e quanto siamo contenti quando questi desideri si avverano. In questo caso l’impresa è riuscita a Jonathan Giustini, che ha ideato e realizzato il festival Acqua e vino a Chianciano, affaccio sulla Val di Chiana ricco di storie e possibilità, paese da molto tempo dedicato al turismo termale e che in questa rassegna è stato celebrato per quel che sa offrire.
Tre giorni di jazz, di altre buone musiche, incontri e presentazioni volutissimamente incastonati nel complesso termale di Santa Teresa e con l’accompagnamento dell’enogastronomia locale, sempre secondo identica intenzione: ARCI caccia di Chianciano a cucinare ed i vini della vicina di casa Montepulciano a star sul tavolo coi piatti, sempre all’interno delle Terme dove, nei pomeriggi, aperitivi musicali davano il via a cena e concerto serale.
L’introduzione di contesto è stata necessaria per comprendere il senso profondo di un festival che è nato ed è stato realizzato in modi e misure che lo legano felicemente ed esclusivamente al luogo. È molto bello che questo accada non perché vada fatta una classifica sul Borgo più meraviglioso della nazione o sulle Terme con più musica, ma perché così si concretizza proprio quel sogno di tanti a voler vedere ogni diversità nazionale saper essere sé.
La musica, si. È per quella che tutto è nato ed a lei torniamo. Tre giorni a meno di due ore da Roma ricchi di buone note, che hanno visto ed ascoltato nelle tre serate performance ed artisti piuttosto differenti.
Abbiamo cominciato con Federica Zammarchi, Gianluca Massetti e la di lui ben nota cravatta a tastiera col loro progetto On the rock’s, una revisione jazz di piccoli e grandi gioielli pop-rock… o anche di gioielli veramente piccolissimi, come Barbie girl, che però porta invece un effetto opposto al suo spessore originario, proprio perché chiarisce al meglio quanto si possa fare (se si è artisti di valore) musica di qualità, giocosa o seria, con schemi articolati o libere improvvisazioni, a partire anche da materiali che generosamente nel caso di specie suddetto definiremo basici. Voce, piano, i fiati dello special guest Alessandro Papotto (che gli appassionati di Banco e prog vario conoscono bene) e in due brani il contrabbasso di Federica Michisanti (compositrice, come del resto l’altra Federica, di musiche ben più complesse). Un insieme che ha funzionato molto bene e che vorremmo rivedere.
La seconda serata è stata quella più classicamente jazzy, con il trio del chitarrista Battista Lena (con lui Gabriele Evangelista al contrabbasso e Marcello Di Leonardo alla batteria) che stavolta è stato quartetto grazie alla splendida presenza di Enrico Rava. Musicalità ed equilibrio in un set fatto essenzialmente di standards sui quali ognuno ha avuto spazio anche per sé ma ovviamente Rava ha brillato come molti di voi possono immaginare (ma avreste fatto meglio ad esserci!).
Gran finale domenica con il ritorno dell’ orchestra Banda Sonora, un’esperienza musicale su cui evitiamo di riportare nozioni e storie che potrete reperire ovunque, ma che va vista ed ascoltata per sentire quanto un territorio e la musica possano fondersi tra loro e creare un’idea, una sorta di missione e piccoli o grandi sogni per le tre generazioni che in questa sorridente banda suonano. La direzione efficace e nitida di Paolo Scatena ci ha portato lungo le escursioni tra musiche popolari e jazz che Battista Lena ha composto negli anni primariamente per colonne sonore, ed è stato molto bello vedere mischiati, tra ragazzini e meno giovani, musicisti di primissimo piano del calibro dello stesso Rava o di Gabriele Mirabassi, come al solito gigantesco fiume di musica in piena tenendo assieme una tecnica strepitosa ed una musicalità completamente godibile e fluida.
Nei pomeriggi ancora musica (ci è piaciuto molto Marco Massa e vi consigliamo il suo album perché… perché si, ascoltatelo), con l’inattesa e piacevolissima visita a Chianciano da “turisti” del duo Empathia, ovvero la voce duttile e pulita di Mafalda Minnozzi e la classe della chitarra di Paul Ricci, due grandi musicisti e persone di valore ed energia, calde e vitali.
In mezzo presentazioni di libri, il contrabbasso stavolta solitario della promessa Federica Michisanti -che col suo secondo lavoro Isk, da noi recensito e molto apprezzato, le promesse le sta già mantenendo-, ma anche la possibilità concreta per chiunque di mettere assieme per davvero una comunione tangibile nei sensi tra la musica vera ed il contesto territoriale in cui quella musica suona, anche nei dopoconcerto in centro a parlar di musica in locali rimasi aperti fino a tardi per l’evento (cosa che magari se ci leggete da una metropoli non vi sembra chissà cosa, ma che qui significa un paese che si muove attorno ad un bell’evento).
Che il tutto ci sia piaciuto assai credo vi appaia evidente, ma c’è da augurarsi ed augurare ogni condizione favorevole a tante edizioni di questo festival, perché passare un weekend in un luogo ben raggiungibile e bello, circondato d’altra bellezza a pochi minuti, mangiando e bevendo bene ed ascoltando quotidianamente molta musica di qualità, è una combinazione di piccoli e grandi lussi concomitanti che l’Italia può offrire in modi unici e riconoscibili, e un festival come questo è una delle migliori possibili laiche celebrazioni di questo stare bene.
Auguri a Chianciano, al suo nuovo festival ed a Jonathan Giustini che l’ha organizzato.
Qui trovate un racconto fotografico delle giornate.