AA.VV. “Underworld collecion_Invasion”, recensione

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AA.VV. è una sigla spesso utilizzata per indicare un opera realizzata da più autori.
Ogni volta che mi ritrovo di fronte a questa concezione, riemergono in me sparute reminiscenze di Archivistica e Biblioteconomia, “fastidiose” materie previste dal mio (fu) corso di laurea.
Forse, inconsciamente, la mia antipatia per i dischi e per i libri catalogati come opere collettive, deriva proprio dalle difficoltà digerenti derivate dalla preparazione universitaria.

Nonostante la scarsa utilità di questa sigla impropria, ancor oggi, è di uso comune considerare questa concettualità di vari artisti per quelle che oggi, in preda all’esterofilia necessaria, chiamiamo collection,proprio come ha deciso di fare la New Idols, con il secondo capitolo di Underworld collection.
Infatti, dopo qualche tempo torniamo sulle tracce del maestro Gabriele Bellini, punto cardine di questa seconda avventura, atta a valorizzare, sostenere e spingere nuove band underground.

Il disco, promosso dalla Red Cat Promotion, racconta in un breve lasso di tempo quattro band, attraverso otto tracce che non possiedo certo una vera e propria coerenza narrativa. Infatti, a differenza di alcune opere sui generis, questa invasione non vuole certo offrire un unico canale di ascolto, ma al contrario si propone di andare ben oltre le barriere dell’etichetta, proponendo quattro band piuttosto lontane tra loro, sia per quanto riguarda lo stile (sonico-iconico), sia per quello che emerge dal loro retroterra sub culturale.
Pertanto appare ovvio che un disco di tal fattura abbia in sé un bilanciamento fisiologico, in cui alcune celate esteriorità negative vengono ben bilanciate dall’impronta voluta dal suo deus ex machina.

Ad aprire il platter sono i Graves of Nosgoth, band modenese dedita ad un metal in grado di racchiudere sensazioni golden age e modernismo, proprio come dimostra Great abomination invocation, in cui l’interessante mescolanza di generi e la triplice vocalità si intersecano tra growling ( a dire il vero perfettibile), un ottimo scream nereggiante ed una vocalità femminea, che con i suoi tratti melodici arriva a tracimare sul linee gothic.
L’andamento sonoro, alimentato dai passaggi atti a determinare i cambiamenti emozionali, si palesano senza difficoltà tra ricami e rallentamenti, dai quali emerge persuasivo il guitar solo, pronto ad ammorbidire l’armonia, che si fa mefistofelica nella sua chiusura. Con Ashesgold, invece, il rallentamento del tempo, arriva a caratterizzare la mescola vocale attraverso i sentori di un’ angoscia lirica, determinata e diretta.

Il viaggio prosegue poi con I No Ones Cares, probabilmente la band di maggior prospettiva.
Relativamente giovane, questo ensemble si propone nella sua mescolanza Nu-metalcore, ben rifinito e corposo, proprio come il buon assetto al drum set che sin dalle prime battute riesce a circoscrivere l’ideale pattern sonoro alla corrosiva vocalità cripto mansoniana.
Le curiose intuizioni rapmetal di Lynphoma appaiono impreziosite da un curato arrangiamento, in grado di non perdere mordente tra gli accenni call and response e riff prettamente heavy. L’abilità del gruppo viene poi messo alla prova con Intolleranza, traccia (cantata in italiano) caratterizzata da definiti controcampi e da una coraggiosa privazione di filtri. Una composizione matura e trascinante, che solo nell’eccessiva lunghezza trova il suo tallone d’Achille.

Ma non c’è molto tempo per poter ragionare, perché, come in un romanzo a racconti, il lettore giunge all’ascolto dei Planters Punch, band molto lontana dalle sonorità precedenti. Infatti l’alternative rock band riavvicina l’acquirente, dondolandolo attraverso un pop rock armonico diligente, che appare pronto a raccontare le proprie storie attraverso la pulita voce Francesca Ulivi, che mediante Trame di seta riesce a ridefinire il nuovo sentiero intrapreso dal quartetto, le cui emozioni non dicono ma raccontano qualcosa.

A chiudere questo secondo volume dell’ Underworld collection sono gli Heretic’s dream che, attraverso Outcasted e The broken silence, giungono a raccontare qualcosa di ben definito, arrivando ad indurire i toni aspri della propria musica, attraverso un approccio heavy, che, con i suoi stop and go, ci invitano nella soavità aggraziata di Francesca Di Ventura. Un tracciato visionario che, grazie a back voice e controcanti, arriva a definire un tappeto sonoro tipicamente nu gothic metal, palesemente influenzato da spezie prog e venature di facile ascolto .

Un disco dunque che restituisce una reale opportunità alle quattro band, (quasi) pronte ad emergere dal mare ovvio del digitale, a bordo di un viaggio a compartimenti stagni, nei quali starà all’ascoltatore decidere se e come immergersi.