A violet Pine “Turtles”, recensione
Dopo qualche anno, torniamo all’ombra piacevole di un visionario e psichedelico albero violaceo, faro espressivo di un mondo osservativo, posto tra le realtà diversificate dell’alternative. Un territorio privo di precisi punti tonali, ma alimentato da divergenti (sub) generi sonori lontani dalla banalità.
Gli italiani A violet Pine hanno da poche settimane portato il proprio post rock-electrogaze dalle striature new age verso la T.a. Rock Records, piccola label underground di Trani, abile nell’intravedere le potenzialità di questo nuovo full lenght.
Il tutto ha inizio come Un gioco inquieto ed esteso, alimentato da impronte ai limiti di un armonico terroir gilmuriano, in cui la ragnatela di suoni si esprime negli sviluppi ossessivi e cripto elettronici che definiscono la partitura.
L’approccio alternativo relega poi la linea vocale in secondo piano, quasi a voler celare l’arte narrativa lasciando all’ipnosi musicale l’onere di trainare visive sonorità.Sulla medesima linea si pone poi il sintetico pattern di New gloves, che con la profondità del bass line esprime un incontro sincratico tra ombre dark minimali, piacevolmente refrattarie a facili armonie, nonostante piccole e docili note, in grado di amplificare il divario tra semplicità e distorsione.
Il disco, sin dal primo ascolto sembra volersi aprire a orizzonti estesi, ricchi di influssi surreali, proprio come dimostra l’arte fotografica di Alessandra Antonucci, abile nel metaforizzare con le gradazioni seppia un’animosità osservativa e retrò.
Di pregevole fatture appare poi l’avvolgente titletrack che, con i suoi sussurri ed i suoi climax emotivi, finisce per attingere a curate metodiche espressive. Il disco arriva con naturalezza a mostrare i propri lati poliedrici attraverso l’uso di sintetizzatori ( Last year) e le piacevoli distorsioni di Have fun, probabilmente tra le migliori tracce dell’opera nuova del power trio. Infatti, il groove battente, pur rifacendosi al mondo alternativo anni’90, cela spezie descrittive in grado di armonizzare cambi direzionali avvolgenti nel loro ampio ed apparente repiro. L’improvvisa chiusura del brano apre poi alla visionaria Bright e alle arie melanconiche di Lucky when i’m wrong, in cui persistono sensazioni prive di tempo. Un brano che a tratti ricorda alcune impostazioni verdeniane, mostrando ricordi curati dal volto coperto, post tra piacevoli sguardi di un recente passato.
A chiudere l’ottimo disco sono poi le note oniriche e “AIR”ose di The moon has been turned off che, forte di un sognante e surreale titolo, si volgono alla questione terminale Why?, in cui spirali post rock aprono al sentiero ricamato di confini sonori pregevoli, al servizio di un disco che conquista, nonostante un perfettibile approccio linguistico.
1. The Game
2. New Gloves
3. Turtles
4. Last Year
5. Have Fun
6. Bright
7. Lucky When I’m Wrong
8. The Moon Has Been Turned Off
9. Why?