A violet pine “Girl”, recensione
Oramai i nostri lettori sanno che, se il disco in uscita porta il timbro della Seahorse Recordings, difficilmente si ritroverà di fronte ad un opera “qualsiasi”. Il tempo ci ha insegnato che la label partenopea è ormai da anni in grado di offrire un’invidiabile costanza qualitativa di reale impatto.
Fedele così alle premesse, oggi, ancora una volta, l’etichetta indipendente destina al fervente mercato questo nuovo Girl, full lenght sfornato da qualche mese dai Violet Pine, trio realizzato attorno agli ideali creativi di Beppe Procida, Pasquale Ragnatela e Paolo Ormas, abili ad interpretare le proprie illusorie narrazioni, attraverso strutture marcatamente trip hop-new wave.
Il platter, sviluppato su dieci tracce avvolgenti , si racconta attraverso un perfettibile approccio linguistico, che a tratti perde mordente rispetto allo scheletro sonoro di partiture riconducibili al mondo alternativo, proprio come dimostra Sleep , senza troppi dubbi tra le migliori tracce del disco, in grado di raccogliere venature Tom Yorke e spiriti NIN, tra iniziali rumorismi e giocose intuizioni tecno pop.
Il disco, pur destinandosi a moderare aperture armoniche (And then… ), riesce ad offrire convincenti echi di semplicità, proprio come viene a palesarsi in Family , in cui le note si ritrovano immerse da un angoscia intellettiva di un tempo trascorso, trascinando l’ascoltatore all’interno di una magnetica ed intrigante sfera sonica.
Il calore vocale trova poi il giusto valico in brani come 25mg of happiness , in cui le sensazioni Depeche Mode si schiudono su intuizioni alternative prima e trip hop poi, in grado di rivivere nella trance conclusiva di Sam e nell’asprezza di Pathetic . Non mancano infine sensazioni puramente new wave( Girl), spesso ridefinite da un andamento atmosferico e a tratti immobilistico, governato da un ottima bass line portante, al servizio di una struttura sonora che si contorce tra i colori sognanti di Even if it rain e gli intarsi sussurrati in space noise diFragile .
Un disco pertanto definibile come atmosferico intimista e blandamente radical chic, in grado di offrire un viaggio sonoro che non disdegna ottimali rimandi all’alternative dei primi anni 2000, qui armato di un ermetico e visionario songwriting.