64 Slices of american cheese.”Il pavone reale”, recensione
Prima della nostra tradizionale pausa estiva torniamo a parlare di Go down records, questa volta attraverso il mondo senza tempo di una band nostrana in grado di fondere idee, ricami passatisti e giocosità, mostrando una buona dose di auto ironia celata dietro ad una cover art fuori linea, in cui sembrano riconciliarsi alcuni sguardi di un ieri ormai lontano.
Vanitosi e piacevoli ecco a voi i 64 Slices of american cheese.
Un impronta vintage dà il via alla Sigla d’apertura posta come incipit a Theo dei 64, prima reale composizione di questo ingannevole full album.
Ingannevole per la sua struttura forzosamente retrò, in cui la copertina dai richiami prog sembra portarci verso un ambito psichedelico a cui non si giunge, perché l’obiettivo del sestetto cesenate, promosso dalla Go Down Records, è quello di vivere su di un territorio che raccoglie in maniera “progressiva” stilemi post jazz. Da qui si riparte verso i confini di uno sperimentalismo moderato ed alcuni riusciti accenni noise, pronti a viaggiare verso una multidimensionalità estetica in cui le toniche (Piedons ‘mmigo) si annodano a sensazioni filmiche anni ’70 ,per poi giocare con elegante sarcasmo.
La pomposità di L’oliva taggiasca torna poi a raccontare, citare e divertire attraverso ossimori surreali e sviluppi narrativi di cui godere nella sua semplicità espressiva, qui costruita attorno ai lineamenti di un drum set posato e ingemmato di cambi direzionali che ci invitano verso il lato B, aperto dalla tromba di Simone Marzocchi. Il disco, arrangiato con cognizione di causa, offre ottimi climax espressivi con la ridondanza di Ooooooh! e con la lunga suite battente Terminator, in cui i reprise iniziali abbracciano l’ascoltatore verso nuvolari ed eteree aure post.
Un disco che, pur fatto di sole note, riesce a raccontare storie in cui perdersi.