U2 – Songs of surrender
U2 – Songs of surrender recensione
Premessa
Da qualche giorno mi sto chiedendo se, per forza di cose, io debba parlar male di questo Songs of surrender. Un album, questo degli U2,che (dicitur) ha deluso molti. Si sono dette molte cose: le idee sono finite, è solo marketing, hanno tolto l’energia vitale a pezzi storici. Insomma, fan destabilizzati e critici armati di machete.
Recensione
Si chiamano U2, ma forse li conoscete già (sarcasmo), arrivano da Dublino e hanno pubblicato 15 album tra il 1980 ad oggi. L’ultimo in ordine di arrivo porta il nome di Songs of surrender, proposto in deluxe box a quattro dischi, ognuno dei quali porta il nome di un componente della band, The Edge, Larry, Adam e Bono, anche se, ad onor del vero, in alcuni passaggi della lunga tracklist la sezione ritmica è tralasciata in favore della solitaria sei corde.
Songs of Surrender, centosessantacinque minuti di canzoni pronte a raccontare quaranta anni di musica, attraverso gli occhi della maturità. Un quadruplo disco carico di ricordi e melanconia, qui metaforizzata da una riedizione coraggiosa dei brani, spogliati della propria aurea e rivisitati in versione proto-acustica. Sarà così che spingendo sul piano di una delicatezza osservativa, avrete modo di attraversare strade senza nome, guardare l’orologio alle 11 in punto, tra vertigini e desideri…ma questa volta lo farete in maniera diversa, osservando il conosciuto, spogliato della propria essenza; un intento minimizzante di un arte musicale ormai da tempo storicizzata.
Se per alcuni casi l’aurea metamorfica è meno evidente (Beautiful day), avrete modo di ritrovare una nuova anima attorno a One e Stuck in a moment, iniziando un lungo viaggio tra note morbide, che trovano il proprio climax espressivo nella dolcezza pianistica di Every breaking wave, nell’ottimo mood di Bad e nell’ottima versione di Out of control, che mi ha riportato alla mente i primi Marcy Playground.
Uscito dalle fucine della Universal, peraltro senza una particolare urgenza creativa, il disco appare come una sorta di pinacoteca, in cui osservare dipinti musicali attraverso sguardi nuovi. Un viatico posto tra crooner style e minimalismo pop, atto a regalare un inedito sentiero da ascoltare con attenzione, cercando ricordi o creandone di nuovi.
Conclusione
Insomma, un disco lungo, lunghissimo, che ha la forza di dare spolvero a canzoni minori e che, confermando l’egocentrismo di Bono e The Edge, offre un’appendice musicale al libro Surrender. 40 canzoni una storia dato alle stampe poco prima di Natale.
Un’opera trainata da una sparuta rivisitazione di testi e orizzonti, da ascoltare privi di pregiudizi e rigidità.