Harry Styles – Harry’s House – recensione album
Harry Styles è certamente il cantante degli One Direction che sta trovando il più alto grado di consensi nel mondo come solista, da quando il gruppo ha terminato il suo percorso. Zayn ha pubblicato qualche singolo di successo, ma se parliamo di album direi che non c’è partita. Fine Line, il secondo disco di Styles è stato osannato dalla critica e soprattutto ha venduto milioni di copie in un periodo difficilissimo per la discografia (almeno se parliamo di supporti fisici), restando in classifica in America per un anno intero. Come per tutti, la pandemia gli ha impedito di passare all’incasso anche sul fronte concerti e così ha giustamente pensato, nel frattempo, di incidere un nuovo lavoro al quale ha dato il personalissimo titolo Harry’s House. Lo ha fatto abbastanza segretamente e infatti l’uscita del bellissimo singolo As it was – uptempo pop di pregevole fattura – è stata una piacevole sorpresa per i suoi numerosi fan sparsi in tutto il globo. Il video che lo ha lanciato ha rafforzato l’immagine di un artista che gioca serenamente con la propria sessualità, un po’ come molti grandi fecero nel periodo glam dei primi anni 70.
La sua musica è diversa da tutto quello che in questo momento ha successo: non c’è traccia di rap, trap o r&b e inizia ad avere un proprio sound ben riconoscibile. Le chitarre acustiche e/o elettriche, ad esempio, ci sono praticamente sempre anche nei brani più elettronici. Rispetto alla track list del precedente Fine Line, la nuova gode di una maggiore omogeneità, e con un chiaro riferimento agli anni 80, ma l’ascolto non subisce mai un calo dell’attenzione perché il livello qualitativo delle melodie e della voce è veramente notevole.
Se prendiamo la nuova hit annunciata Late night talking si capisce subito che il divertimento sarà assicurato con quel suo groove lievemente danzereccio e la capacità di regalare allegria. Un pezzo riuscito dalla A alla Z. Ma la lista dei potenziali successi è bella lunga e allora con Daylight, Cinema e Satellite si viene avvolti da due morbide e solari canzoni con quest’ultima che sembra quasi uscita dalla produzione di Nile Rodgers, con quella sua chitarra elettrica che, seppur in modo discreto, lascia il segno sullo sfondo. C’è spazio anche per un paio di ballate acustiche: la dolce Matilda e la disincantata Boyfriends – presentata in anteprima sul palco di Coachella – che racconta di tutte le delusioni che i fidanzati riescono a causare alle proprie partner.
Tirando le somme nella casa di Harry si sta veramente bene e si passano 45 minuti così sereni che viene subito voglia di tornarci, ancora e ancora. L’Inghilterra ha senza dubbio trovato un degno erede di Robbie Williams con la speranza che saprà ancora regalarci album spensierati che ti permettano di uscire, anche se solo per un po’, dai periodi della vita più malinconici, come quelli che stiamo tutti vivendo da più di due anni.