Depeche Mode – Memento Mori recensione.
I Depeche Mode sono tornati con questo Memento Mori. Sono passati sei lunghi anni dal loro ultimo lavoro e non era affatto scontato che avrebbero fatto un nuovo album. L’ho atteso molto, sinceramente, ed ero curioso di capire se il duo Gahan/Gore fosse ancora all’altezza, anche ora che il loro compagno Andy Fletcher è morto. Lui che verosimilmente non ha mai contribuito alla fase creativa, ma che aveva il ruolo di collante fra due personalità forti come loro.
Memento Mori ma com’è?
Senza giri di parole voglio andare subito al punto: Memento Mori è un grande disco che lascerà il segno nella storia della band.
Memento Mori contiene un po’ la Summa della loro carriera quarantennale, recuperando perfino suoni elettronici anni 80 che avevano da tempo abbandonato. Il mood dark domina come sempre, come dai tempi della svolta di Black Celebration e qui forse è ancora più accentuato sin dal brano apripista My Cosmos is mine che, pur non avendo alcun gancio melodico, riesce a spiazzare l’ascoltatore con la sua profonda malinconia. L’ennesima prova che i DM non devono dimostrare nulla a nessuno, ma seguono il loro istinto comunicativo che in questo momento è vestito a lutto.
Il singolo Ghost again, con il video suggestivo che vede l’ormai coppia un una scenografia spettrale, è pieno di riferimento alle vicende che ha colpito la band con versi che non lasciano spazio all’immaginazione “Heaven’s dreaming / Thoughtless thoughts, my friends /
We know we’ll be ghosts again”. Non sappiamo se i versi siano stati adattati, visto che Memento Mori era già in stato avanzato di lavorazione quando Fletcher “li ha lasciati soli”, ma il contrario sembrerebbe maledettamente profetico.
Il brano sul quale mi vorrei soffermare di più però è My favorite stranger che considero fra i più ipnotici dell’intera discografia della band inglese. Un pezzo tutt’altro che facile o radiofonico, ma che ha la capacità di avvolgerti come un mantra.
In Soul with me Marti Gore gioca quasi a fare il crooner, come sempre a modo suo, ed è un altro momento emozionante da sottolineare. Never let me go ha tutti i numeri e la forza espressiva per essere avvicinato a grandi hit del passato come It’s called a heart o Shake the disease, anche se non sappiamo se decideranno di pubblicarlo come singolo.
Memento Mori conclusioni.
Chiudo questa recensione auspicando che Memento Mori non rappresenti l’ideale pietra tombale dei Depeche Mode ma solo un bellissimo disco di passaggio prima di consolidare una nuova dimensione della loro definitiva line up.
Restando in tema di latinismi direi proprio… Ad Maiora!