Aleco, “Gli amori alle stazioni”, recensione
L’amore spesso viaggia su binari lineari, definendo un percorso segnato, accogliente e ridondante, pronto ad osservare il mondo in maniera romantica da un finestrino a cui affacciarsi. Talvolta però l’amore non scende alla giusta fermata, definendo così nuove trame che, tra speranza e addii, possono cambiare la realtà di chi fugge e di chi attende.
Non si possono fare i conti con l’imprevedibilità dell’amore perché gli ostacoli alla linearità possono essere dei massi pronti per intralciare improvvisamente l’atteso. Infatti, esattamente come avviene metaforicamente nell’ironica cover art, Aleco sembra voler parlare di questo, attraverso nove racconti, il cui il fil rouge appare proprio Cupido.
Il viaggio sonoro dell’artista abruzzese affonda le proprie radici nel Pop di fine millennio, mostrando, ancora una volta, idee chiare, pronte a muoversi tra tradizione e nuove impronte, qui spinte verso introversione e accuratezza.
A dare battesimo alla seconda release di Aleco è l’aria di fine anni ’80, pronta ad emergere dalla titletrack, realizzata in featuring con Antonella Gentile, che anticipa il ritmo cadenzato di Diavolo, traccia dai differenziati cromatismi. Proprio i cambi direzionali portano l’ascoltatore verso le quiete percezioni di Fantasmi , subito mitigata dal soleggiato mood di Isola/la tresca. La setlist gioca poi con il sapore romanesco di Bella, pronta a riportare alla mente il Silvestri di Testardo, qui declinato attraverso uno sguardo verso i tipici sapori capitolini, da cui si vira per giungere l’espressività di Occhi, in cui il cantautorato “de gregoriano” appare il reale motore espressivo di un brano riuscito ed emozionale.
A complementare questa nuova uscita Music Force è, infine, un omaggio coraggioso ad Antonello Venditti attraverso la coverizzazione di Notte prima degli esami, in cui Alessandro Carletti Orsini manipola i suoi amori musicali attraverso un omaggio a tratti spiazzante, anche per la transizione incrociata con Questa notte è ancora nostra featuring con David Madnight, autore di un piacevole flow che apre le porte alla melanconica chiusura di Le comitive.
Insomma, un disco che non vuole essere consumato velocemente, ma che necessita di ascolto e attenzione.