Francesco Guccini “Il piccolo manuale dei giochi di una volta”, recensione
Francesco Guccini ha da sempre parlato al pubblico attraverso una sorta di accorta crossmedialità, in grado di restituire un personaggio vivace, ponderato, divergente e colto. Dimostrazione del suo percorso eterogeneo sono state le apparizioni (divertite) in svariati testi filmici e un’arte narrativa che ha reso i suoi romanzi piccole perle contemporanee. A fianco della classica narrazione immaginifica, popolata da personaggi come Adumas ed il Maresciallo Santovito, il cantautore modenese spesso ha offerto quadri descrittivi di una quotidianità andata, che vive ancora tra curiose e allietate reminiscenze autobiografiche. Basti pensare al mondo reale de La legge del bar e altre comiche oppure al Dizionario del dialetto di Pavana, gustosa indagine sulla lingua vernacolare posta fra la via Emilia e il West .
Proprio per merito della voglia di non dimenticare, Guccini, similmente a quanto fatto con il doppio episodio delle cose perdute, torna a parlare di ricordi ormai lontani, portati alla mente con ironia e piacevolezza. Questa volta il focus su cui si concentra l’autore è il mondo del giochi, quelli nascosti nella memoria e (tristemente) dimenticati in favore di joypad e social network fagocitanti. Infatti, il libro, edito da Mondadori, racconta ai bambini, ma a mio avviso sopratutto agli adulti, i ricordi di un dopoguerra in cui povertà e privazioni venivano limitate da creatività e fantasia, spesso e volentieri lontane dalla sicurezza che oggi giochi e giocattoli devono possedere.
Le circa 160 pagine nascondono ricordi certi di chi ha vissuto tra gli anni ‘40 e i ‘60, ma anche di chi (come me) oggi vive i suoi quarant’anni, pensando alle gare con le grette, i litigi per lo Shangai e le spade di legno. Simboli ludici di diverse generazioni, che oggi ritrovano ancora la magia delle bolle di sapone e le infinite variante dei giochi con le “figu”.
Francesco Guccini racconta con questa sua nuova uscita un mondo antico, che ancora oggi trova memoria, e lo fa attraverso il suo linguaggio tipico, ricco di riferimenti letterari, risvolti storici e nozionistici, in grado di restituire al lettore una descrizione che riesce ad andare ben oltre le “ricette” per costruire i vecchi passatempi.
A corredare istruzioni e varianti ricreative, il lettore troverà le delicate ed ideali illustrazioni di Giovanni Manna, che con i suoi disegni bagnati d’azzurro riesce a raccontare il passato mediante coerenza e presa didattica, qui in perfetta armonia con il discorrere proposto dalla voce fuori campo.