“Essere skinhead” Ruggero Daleno, recensione

“Affinché i libri tornino a dare spazio ai sogni, in attesa di dare l’assalto al cielo”.

Tra gli affollati scaffali delle librerie, se cercate con accuratezza e curiosità, potreste imbattervi nelle pubblicazioni della Red Star Press, editore accorto e coraggioso in grado di dare alle stampe opere uniche, in cui ritrovare testi chiave del mondo politico (collana  Libretti Rossi e Le fionde), saggi legati alla contestazione (Tutte le strade) e trattati sulla realtà delle subculture (Hellnation libri). Ed è proprio da quest’ultima che vogliamo partire, perché da sempre i movimenti culturali viaggiano di pari passo con aspetti sociologici strettamente legati al mondo musicale. Basti pensare al No future del ’77, al  rastafarianesimo, al gothic, al black metal e a tutte quelle correnti più o meno strutturate che hanno popolato la vita dei giovani negli ultimi 40 anni.

La collana Hellnation libri, infatti, si occupa proprio di subculture, dando spazio, in modo particolare, a sport, musica e mentalità. Così accade nel breve libro (80 pagine) Essere skinhead di Ruggero Daleno, giovane militante Skin pronto raccontarsi ai margini di un, Distopico riscatto attraverso sensazioni, rigidità, cuore, politica e musica. L’autore del libro, nascosto dietro ad una famosa opera di Banksy, portato in copertina per raccontaci con schiettezza i propri pensieri skinhead, pone l’attenzione sulla mentalità socio-politica di un mondo che non tutti accettano e non tutti comprendono. Una realtà fatta di fratellanza, ideali e lotta, spesso posta all’interno di un inevitabile vortice in cui la birra (a fiumi)m risse e condivisione si allineano al mondo OI!

Proprio la musica appare tra le righe del libro un cardine preponderante (“quella maledetta musica che mi fa diventare nervoso e molesto se non l’ascolto”).Una musica che, come e più di altri stili, racconta la strada e la mentalità; basti pensare ai testi della Banda del rione, Blood pact e Ennecibì,  tramite i quali il flusso di coscienza della narrazione viene convogliato verso la necessità di definire i contorni delle attitudini skin.

 

 

Così, tra sguardi passatisti e sentieri polverosi, l’autore ripercorre l’arrivo dello ska prima e del punk poi, sino ad arrivare agli squat e alle strade dello Streetpunk e dell’OI!  nell’intento di tramandare o più semplicemente analizzare le concettualità espressive di crew pronte a non arrendersi mai, proprio come accade nei testi di Nabat, Colonna infame e Cock sparrer.

La narrazione, diretta e a tratti fagocitata dal un eccessivo soggettivismo, ha il merito di raccontare il mondo skin, non solo traverso i diversi festival musicali, ma anche mediante tatuaggi, stile e comportamenti devianti che nel tempo hanno inquinato gli ideali di un movimento pronto a tutto pur di difendere coerenza e mentalità… esattamente come avviene nel mondo ultras, peraltro storicamente legato proprio a chi Skin è ed è stato.