Paolo Conte
Ogni qual volta che mi capita di entrare nel Teatro Carlo Felice di Genova, la sensazione è sempre quella di essere un piccolo puntino del cosmo, attento e consapevole di essere un fortunato spettatore di un evento straordinario…e anche questa volta le speranze non sono state deluse.
Mentre gli spettatori sciamano verso le eleganti poltrone del teatro, sul palcoscenico il nero pianoforte mette un poco di tristezza, così vuoto e solitario, isolato da una sezione fiati che promette scintille e un’unità ritmica rialzata, da cui troneggia una batteria che come una pagoda, si sviluppa con i suoi piatti verso l’alto. Sono le 21.00, quando le sfavillii del teatro iniziano a dare i primi richiami. Le luci vestite di rosso illuminano gli eleganti smoking dei musicisti, che entrano proponendo le note di “Rebus”, durante la quale sale sul palco Paolo Conte, la vera star della serata, accolta da un tripudio di mani danzanti. Il ritmo incalza con “Sparring Partner”, in cui lo xilofono regala sonorità inusuali, mentre Conte, come di consueto, parco di parole, risponde ai meritati applausi, appoggiandosi al piano, come a volersi inchinare al suo pubblico. Le mani del maestro ondeggiano nell’ascoltare i suoi musicisti, prendendo per mano le note per poter iniziare la seducente “Come-di”, costruita su di un’incantevole arrangiamento jazz.
Le teatrali smorfie del cantautore, rendono un poco meno altezzoso il suo fare consapevole di chi sa di essere un grande della musica italiana, ma nonostante la mancanza di vera e propria empatia, il suo pubblico lo osanna e ne rimane ammaliato.
Mentre le spazzole accarezzano i piatti della batteria in “Sotto le stelle del Jazz”, si passa attraverso “Genova per noi”. Maestrale performance in cui i brividi risalgono la schiena di chi, come me ama la sua città. Il pubblico osserva molto posato e si lancia in un clapping hands durante “Via con me”, per rimanere poi stregato dal piano a quattro mani di “Molto Lontano”.
Il secondo atto è battezzato con “Bartali” e la coinvolgente “Jimmy, Ballando”, con la quale si arriva a toccare uno dei punti più alti dello show, con la sua overture triste e melancolica che si apre, in seconda battuta, ad un rasserenante jazz dalle venature swing. La maestria dei compagni di viaggio del cantautore di Cuneo, sono di indubbio aiuto alla buona riuscita dello spettacolo, su tutti il chitarrista Daniele dall’Omo, che durante “La Vecchia Giacca Nuova”, da il meglio di se, proponendo un veloce ritmo western iberico.
La serata si conclude, dopo due abbondanti ore, con il reprise di “Via con me”, in cui Conte ricerca il contatto con gli spettatori, che vanno in aiuto del paroliere piemontese, sobbarcandosi l’onere del chorus, che anticipa la chiusura di un’esibizione in cui a parlare sono state le note…visto che di speranza nel sentir proferir favella dal cantante, ne rimane ben poca.