Giuseppe D’Alonzo: il vintage che tanto ci piace
Parliamo di aria vintage per quanto possibile nonostante i suoni puliti e le tante soluzioni che tradiscono un futuro impellente. Il nuovo disco di Giuseppe D’Alonzo, il primo tutto in italiano, si intitola “Tornerà” ed è un contenitore intimo e personale di nostalgie e di osservazioni in cui la forma canzone, di stampo chitarristico ed acustico, accoglie le radici e le reminiscenze di un periodo magico in cui il main stream e l’underground si mescolavano dando alla luce un’alchimia in bilico tra pop e psichedelia. Il rimando ad una certa melodia di Claudio Rocchi diviene quasi immediato se ci si lascia trasportare da questo sentore di spiritualità… anche complice la voce del cantautore rock abruzzese che cerca – forse volutamente – un certo tipo di collocazione. E non stupisce anche un video acido e quotidiano allo stesso tempo come “Respiro”, il primo estratto per il circuito radiofonico. Ci piace sempre poter rimescolare le carte del passato… e ci piace ancora di più quando tutto questo accade con gusto e mestiere…
Nostalgia floydiana sicuramente. Partiamo dalle tue ispirazioni: dove dobbiamo dirigerci?
Anche se è stato un percorso a ritroso nel tempo, la mia maturazione artistica è avvenuta quando mi sono immerso nel blues. Da ragazzo ascoltavo prevalentemente musica pop rock british, dai Pink Floyd, The Police, i Queen, i Beatles, Radiohead e così via.
Poi sono iniziati i miei viaggi negli Stati Uniti in cui ho scoperto quanto il blues e il folk fossero radicati nella loro cultura e ne sono rimasto affascinato, direi quasi rapito. Ho visitato i luoghi culto del blues, il profondo sud, ho percorso la highway 61 da New Orleans verso Chicago passando per Memphis, San Louis e altri villaggi in cui si respira ancora l’aria del blues del delta.
Ho visitato la Chess Records di Chicago dove incidevano i mostri sacri del blues quali ad esempio Muddy Waters, Chuck Berry, Bo Diddley, Etta James e successivamente i Rolling Stones. Per anni mi sono immerso in quella cultura, ho suonato e ascoltato prevalentemente blues fino ad approdare al grande Jimi Hendrix che attraverso il blues mi ha ricollegato al rock più moderno, e alla nascita dell’hard rock se vogliamo.
Da lì potevo ripartire da Eric Clapton, Rolling Stones e da tutti quegli artisti inglesi che sono stati, a scoppio ritardato, rapiti dal blues.
Oggi ascolto davvero di tutto, amo la musica in ogni sua forma se mi suscita emozioni.
Sono anche un amante delle colonne sonore. Non nego di avere sempre in auto le mie canzoni preferite di Elliott Smith, ma ascolto anche molta musica più o meno indipendente fatta da musicisti del panorama singer/songwriter che vogliono ancora dire qualcosa a modo loro, ad esempio Terra Naomi, Becca Stevens ma ce ne sono davvero tantissimi negli States.
Dal tuo passato spirituale cosa ti riporti per il futuro? Cosa cioè cambieresti e cosa invece salvi ogni giorno?
Mi reputo una persona profonda e nonostante i tempi moderni richiedano una gran superficialità per essere fluidi e quindi adattarsi al cambiamento costante, continuo a difendere ogni giorno la mia intensità emotiva, la mia voglia di mettere radici, di instaurare rapporti veri, sinceri. È una sfida titanica ma possibile. Più scavi più ti rendi conto che c’è un gran bisogno di collegamenti veri tra le persone, di umanità. La superficialità non avrà la meglio sul genere umano, ne sono certo, oggi sta vincendo la battaglia, ma la guerra è lunga e la storia ha tanto da insegnarci…
E parlando di musica? Del tuo passato, dei tuoi tanti progetti cosa ritroviamo in questo disco?
Sono passati tanti anni ormai da quando ho fondato i Crabby’s, una band tutta italiana con cui continuo a scrivere in lingua inglese ma con cui avevo già scritto e pubblicato un brano in italiano “l’Uomo di ieri”. Dopo quel brano sono arrivate altre canzoni tutte in italiano e ho deciso di pubblicare “Tornerà”. È stata una scelta dettata dal fatto che ha uno stampo molto cantautorale, non poteva che essere così, è un disco molto intimo. Continuo ad essere molto impegnato su entrambi i fronti, ho diversi progetti che stanno prendendo forma e novità per l’anno in corso…
Un debutto in italiano. Come mai? Hai sentito di aver bisogno di una maggiore potenza espressiva che una lingua sintetica come l’inglese non poteva darti?
Con “l’Uomo di ieri”ho capito che avevo qualcosa da dire come cantautore italiano. Non mi ero ancora posto questa domanda ma quel brano mi ha rivelato nuove opportunità. È stato come poter scartare un nuovo regalo e avere un altro bellissimo gioco con cui poter divertirmi. È stata una scoperta per me, sì. Poi è arrivata la canzone “Tornerà” che dà il titolo al disco, e ho capito che potevo senz’altro produrre un cd. Sono particolarmente affezionato a questa canzone, credo di aver dato davvero il meglio di me.
Ci colpisce la copertina. Un disegno abbastanza apocalittico se vogliamo, forse complici i colori. Raccontacela…
Si, il messaggio che vuole trasmettere è angoscia ma soprattutto speranza. Il ragazzo cammina su un ponte che si sgretola dietro i suoi piedi. I massi insanguinati alimentano il mare e rappresentano il dolore che durante la nostra vita infliggiamo o riceviamo dagli altri. Crediamo di lasciarlo alle nostre spalle ma in realtà tutto questo dolore è sotto i nostri piedi, nel mare di sangue. È un ponte però, spetta a noi la decisione di trascorrervi tutta la vita, o attraversarlo con coraggio per approdare nella terra ferma.
E per chiudere: quanta solitudine c’è in questo lavoro?
Solo quella necessaria per isolarsi e mettersi in ascolto della propria anima, quando decide di parlarci. E non è facile perché il quotidiano è frenetico, pieno di impegni lavorativi e non. Non nego che molte canzoni sono state scritte di notte, unico momento in cui davvero il telefono non squilla più. Dormendo poco posso sfruttare quelle ore, niente è più potente del silenzio…