Out of the Blue: un viaggio tra piratesse e passati folk
C’è tantissimo di quella tradizione folk celtica e antichissima che ritroviamo sempre macchiata di un pop rock moderno nonostante i suoni siano, come in questo caso, cesellati con grande mestiere. E dunque, dicevamo, accade sempre così quando parliamo di dischi che hanno nei pirati e in tutto quell’immaginario li il vero cuore portante della narrazione: il duo poi è prestigioso e proviene davvero da mondi altri, mondi di grandi contaminazioni internazionali, di situazionisti piuttosto che di factory comunitarie. Parliamo di Giovanni Pollastri e Annie Saltzman Pini, producer e musicista il primo, cantante la seconda. Compagni d’arte e di suono che oggi approdano ad un disco da firmare con il moniker Out of the Blue: si intitola “Pirate Queens” ed è un concept tutto legato alla figura della piratessa, donne di grandi condottieri spesso non meno determinanti per la storia che poi è giunta sino a noi. Dunque sono canzoni ognuna delle quali racconta le gesta delle principali di queste donne, figure storiche realmente esistite ovviamente…
Un disco che nei suoi 10 inediti spesso lunghi oltre i 4 minuti – ma mai come “Anna Bonny”, traccia d’apertura che arriva a 6 minuti precisi – dura fatica a giocarsi carte di fascino che invece diventano fondamentali nelle tantissime soluzioni al dettaglio che sfoggiano gli arrangiamenti. Dunque alle tante forme prevedibili che ovviamente pretendiamo di riconoscere ora che abbiamo ben collocato il tema della narrazione, ci piace assai anche trovare fuori pista anche imprevedibili di quelle linee pop di brani come “Jeanne de Belleville” che quasi richiama alla mente i REM di “Chorus and the Ring” per la sabbia e la ruggine che c’è tra le corde degli strumenti… o momenti più austeri con sostenuti ritmici quasi a guisa di “marcia militare” dentro “Grace O’Malley” o i lineamenti acustici di “Lady Mary Killigrew” che tanto rimandano anche ad un certo scenario prog anni ’70. E poi i caraibi di “Fanny Campbell” che con l’inciso richiama inevitabilmente le belle estive di Bob Marley e il solo di chitarra resofonica poi ci lascia toccare con mano il sangue blues che forse è tacitamente la base di tutto questo disco. E ancora, se possibile, penso a Loreena McKennitt quando sento il pianoforte di “Mary Read”…
Da qui cadono due brani dentro cui la voce vince: il primo è “Sadie Farrell” che trovo essere il vero momento radiofonico del disco, con questa ballad rock dalla scrittura accattivante sin dal primo istante, dentro cui la voce di Annie Saltzman Pini sposa a pieno la ragione della scrittura. E le svisature di pianoforte che sembrano errori poi in realtà rischiano di colorare ancora una volta di blues un disco che in realtà esce dai libri di fiabe per bambini. Il secondo invece è la successiva “Rachell Wall” dove ora è l’ostinato della voce sull’inciso a pennellare una soluzione che ti si pianta alla memoria dopo pochi istanti.
Prima di chiudere ci attende “Sayyida al Hurra” dai toni orientali non tanto per i suoni di chitarre acustiche fin troppo americane e desertiche, non tanto nei cori che per quanto in stile sembrano determinare una ritmica dai sapori africani… e neanche nella voce portante che ancora una volta ci riporta in America… ma l’Islam arriva proprio negli arrangiamenti che sento in sottofondo, probabilmente proprio di sitar…
E dopo tante donne piratesse il disco si chiude con la title track del disco: la festa finale, come davvero tutti i protagonisti si trovassero dentro una taverna a festeggiar di tante avventure.
“Pirate Queens” è sicuramente un progetto ambizioso e in questo giorno della donna sembra acquisire un significato ben oltre il suo profilo estetico e musicale. Tra le pieghe di tanto rock epico dalle sfaccettature favolistiche, ci piace rintracciare anche ragioni sociali del nostro povero tempo attuale.