Streaming musicale e il presente: cosa cambia e come?

Cambia tutto, ci diciamo con filosofia e saggezza quando ci viene facile farlo, cioè quando i cambiamenti non sono casini grossi grossi pure per noi e bene o male riusciamo ad adattarci. Cambia il mondo e cambia pure, quindi, il nostro rapporto con la musica.

I tempi andati lì conosciamo, o quantomeno non consideriamo ancora preistoria il 45 giri, il jukebox o la musica a richiesta in radio. Certo sono pianeti distanti, visti col telescopio dei genitori da figli che un po’ ne sorridono, affascinati da tanto modernariato. È che davvero parecchie cose sono cambiate e le parole “meglio” o “peggio” non aiutano a spiegare alcunché in merito.

L’attualità, lo sappiamo, è ormai da tempo liquida, al di là di mode come il vinile che faranno come tutte il loro tempo. L’album esce, ma è spesso anticipato da singoli che magari arrivano a costituirne la metà. Succede perché la fruizione è certamente cambiata e, al netto di progetti con una intenzionale omogeneità da concept album, l’accorpamento di brani in album, oltretutto connaturato all’esistenza stessa di un supporto fisico che li teneva assieme, ha cessato di essere.


Quel che succede adesso tra l’altro non è nemmeno così facilmente riconducibile a schemi. Vecchie e nuove generazioni di ascoltatori sono tonnellate di individui che possono arrivare ad un nuovo progetto di un artista in vari modi: perché lo seguono sui vari canali digitali, oppure perché una playlist sull’applicazione musicale che usano li informa sulle novità degli artisti apprezzati dall’abbonato specifico, o ancora perché un amico invia il link del brano che… insomma, una rivoluzione sostanziale, di forma e contenuto, materica perfino nel suo perdere materia, enorme.

Com’è questo assaggio di futuro ormai arrivato? Meglio? Peggio?

Complicatissimo rispondere, soprattutto perché la risposta oggettiva probabilmente non esiste. Proviamo quindi a cercarne una nostra.

Streaming musicale – i lati negativi

I contro li conosciamo, c’è un mercato totalmente devastato da qualunque lato lo si guardi.
Osservando la musica nuova, o quel che “esce”,

  • Grosse label (quelle che con spalle già forti hanno retto) portano avanti chi dicono loro e via, si vende musica come si potrebbe vendere una PlayStation, in modo indipendente dalla qualità (prescindendo dalla qualità della produzione, certamente elevata e mirata spesso più della musica stessa a raggiungere il target previsto). Insomma, da qui non possiamo aspettarci altro che prodotti da supermercato e poco più, non escludendo quindi la gradevolezza ma ecco, questo è ed è ciò che occupa la home di qualunque piattaforma di ascolto digitale
  • alcune etichette -case discografiche è terminologia da soffitta- portano avanti con coraggio e determinazione uno stile ed una cifra che certo hanno anche loro un target ma anche una coerenza e pulizia eticamente differenti dal primo caso citato. Il contro quindi quale sarebbe? Eh, sarebbe che questo spazio chiaramente è via via in riduzione
  • ci sono poi sporadici casi felici di artisti nati magari da autoproduzione ben diffusa su canali distributivi nei mesi precedenti e diventata poi fama mondiale. Diciamo quindi che ce la si fa, ancora una volta, non necessariamente per la qualità, ma qui non è che il passato fosse diverso: è solo cambiato il come
  • altra roba diventa seguita, importante, famosa per motivi che fino a pochi anni prima sarebbe stato impossibile immaginare: ripescaggi ad opera di serie televisive il cui successo a loro volta arriva per ulteriori canali in costante mutamento, inserimento in playlist tematiche create perché un utente “che non vuole sbatti” si ritrovi l’equivalente moderno della sua radio preferita con quel che ama di più e variazioni gradite. Sostanzialmente c’è un algoritmo che decide non solo cosa farti sentire, ma pure chi debba guadagnarci
  • per i musicisti guadagnare con un album, rileggendo l’elenco e ricordando le fee associate agli ascolti, diventa secondario. La differenza per viverci davvero la fanno un contratto, l’attività live, …e non è raro vedere alla fine di un concerto artisti anche di livello molto molto alto che invitano ad acquistare il CD in uscita, o addirittura scendono tra il pubblico a vendere il suddetto di persona
  • sul negozio in strada che sparisce c’è poco da dire: vale per ogni contesto in cui l’online sta sostituendo la realtà che conoscevamo. Ci sono altri settori in cui invece si creano lavori che prima non c’erano eccetera eccetera, ma insomma qui si tratta di approcciare il futuro e non se ne può fare un tema relativo al mercato musicale

Streaming musicale – i lati positivi

Anche i pro comunque non scherzano, eh?

  • un abbonamento mensile ad una piattaforma di streaming non ci sarebbe bastato per comprare un singolo disco al mese, da duplicare su qualche supporto per sentirlo anche in giro, e dà accesso alla quasi totalità della storia delle produzioni musicali da ascoltare in qualunque momento e luogo. Se si ama la musica il confronto economico per un consumatore ha risultati così incomparabili da non consente alcun dibattito
  • la possibilità di accesso istantaneo a quasi tutto fa sì che un ascoltatore con un minimo di curiosità possa costruirsi un percorso, una ricerca, un ingresso in mondi sconosciuti. Culturalmente -perché la cultura senza curiosità sconfina facile facile nel nozionismo- questo è un mezzo miracolo, perché ad esempio un ragazzo può allargare conoscenza, viaggi emozionali e magari ispirazione e idee in giorni, dove prima occorrevano anni (e, occorre ripeterlo, ben altro impegno finanziario), il tutto seguendo algoritmi che magari saranno pure digitali e con delle distorsioni, ma che difficilmente saranno in media peggiori di “prima”, quando dovevi essere fortunato con un amico colto, un negoziante appassionato o un Richard Benson, un Massarini, una puntata di DOC, che peraltro sempre approcci parziali erano, ancorché luminosi
  • sempre per le suddette evidenti evoluzioni di costi e fruibilità un appassionato, o uno che voglia appassionarsi, può costruire una playlist per quando va a correre, una per quando vuole rilassarsi, una di roba sconosciuta da approfondire, una da regalare come quando noi regalavamo le cassette compilate con certosina cura… c’è un mondo ad aprirsi, ma un mondo per davvero
  • questo modello di ascolto comporta implicitamente un abbattimento dei confini di genere, che in passato erano sanciti quantomeno sul piano fisico, con scaffali, cassetti, ripiani divisi e potenzialmente mai frequentati da chi non fosse già appassionato del settore. Adesso “it’s up to you”, perché partendo da una ricerca sul pianoforte puoi ritrovarti Hancock, Einaudi, Pogorelich, una base per il karaoke e chissà cos’altro con un livellamento, perlomeno nel modo in cui arrivi al singolo brano, che toglie alla radice la necessità di incasellare e lascia aperto l’ascolto di tutto perché poi ognuno decida per sé
  • a quasi chiunque è dato accesso ad una qualità di ascolto potenzialmente superiore alla precedente; al di là del dibattito vinile-CD, su cui sarebbe bello scindere le emozioni dai numeri, quasi tutto lo streaming è in qualità CD ove non superiore, perciò si tratta al più di avere qualità su cuffie, diffusori attivi o passivi+ampli in casi rari, DAC seri in casi ancor più rari ma insomma rispetto al walkman siamo mediamente a progressi oggettivi

Le liste sul meglio e sul peggio potrebbero entrambe continuare e via via dettagliare, ma è già bello saperti ad aver letto fin qui e non si vuole abusare della tua pazienza oltre certe soglie. Naturalmente impugnare questo avvio del domani, diventato nel frattempo un pezzo di oggi, e farci su un trattato per mostrare d’aver compreso e deciso come andrà il mondo sarebbe come minimo pretenzioso. Allo scrivente piace affacciarsi verso le novità cercando di coglierne le occasioni che offrono, consapevole che comunque un treno in corsa non viene fermato se non, da quel giorno in poi, smettendo tutti di comprare il biglietto per il successivo; non si vede però, sempre a parere di chi scrive, un miglioramento a tornare indietro, ove anche ciò fosse praticabile, perché per chi ascolta le cose si sono messe meglio e per chi vende c’è comunque una questione aperta non solo per la musica, relativa al fatto che non tutto può restare com’era solo perché esisteva così. Il mondo cambia da sempre e, fatte salve questioni etiche, ridefinizioni di spazi contrattuali e margini di guadagno per ogni attore, su cui come al solito il tempo affinerà la situazione, arrestare un cambiamento solo perché è arrivato è in sé un atto privo di logica.

Nel frattempo lo scenario attuale significa tantissima libertà di ascolto, è l’accesso per chiunque ad un archivio sonoro fantasmagorico con l’ausilio di parecchi strumenti utili per raggiungere un luogo musicale in più, un’emozione nuova, un pezzetto di conoscenza e voglia di conoscere altro ancora.

Buoni ascolti!