Francesco Venerucci Trio live – Roma, 2/3/2024
“il penultimo dei romantici“, mi è venuto spontaneo chiamarlo così, sperando che davanti ci sia sempre un altro romantico ma comunque contento di ascoltare (ancora una volta) un musicista il cui centro non è l’esecuzione ipertecnica da 73 note al secondo in 9/23 sincopati a destra, che è un traguardo della mente meraviglioso e pazzesco ma che diventa qualcosa di emotivamente ricco in rarissimi casi, rimanendo più spesso nei confini della musica per musicisti.
Invece Francesco Venerucci, pianista e compositore la cui biografia trovate come al solito altrove, percorre da anni una scelta che è diversa non solo per scelta, ma si direbbe in un certo senso per istinto, per indole e carattere.
Il suo scrivere e suonare attraversa un po’ alcuni generi; fra teatro, cameristica, sinfonica, balletto e colonne sonore diciamo che appare chiaro come il jazz sia solo uno dei territori frequentati dal nostro, peraltro senza indugiare sugli standrds se non per amore di alcuni brani (ma allora dovremmo metterci pure i Beatles, perché l’amore non ha steccati e Francesco infatti non ne mette).
Il nuovo album è in uscita, sicché lo scrivente, appassionato ascoltatore di “Tango fugato” da quando uscì (2006), è andato a far l’ascoltatore anche a Trastevere nella serata romana in cui qualche nuovo brano è stato presentato, assieme a cose meno recenti.
La location è stata Il Cantiere, luogo particolarissimo in cui accadono diverse cose belle e che vi invito a visitare.
Ad accompagnarlo una ritmica di valore e qualità, con Jacopo Ferrazza al contrabbasso ed Ettore Fioravanti alla batteria.
Gli applausi sono stati sicuramente molti per la rivisitazione “a la Mehldau” della gigantesca Blackbird di Sir Paul McCartney, ma non sono assolutamente mancati per il resto del concerto, in cui l’animca compositiva del pianista romano è arrivata con chiarezza a tutti i presenti, lungo composizioni che architettonicamente è lineare ricondurre al jazz, ma che negli arredi sanno di Francia, riferimenti europei e sudamericani di varia natura e, volendo stare nel jazz, diciamo ben più Bill Evans che be-bop, tanto per capirci.
Fioravanti e Ferrazza hanno messo a servizio della musica, rispettivamente, l’energia di un drumming che è stato ovviamente difficile contenere nel piccolo spazio in cui il live è avvenuto, ma che ha mantenuto sensibilità e gusto, come pure il calore e il corpo di un sostegno sulle basse concreto ed efficace, controllato e presente.
Ospite speciale della serata Eugenio Renzetti, straordinario esecutore ed improvvisatore in due brani, con una morbidezza ed un garbo che in ogni caso non hanno fatto retrocedere di un centimetro l’efficacia e il grande apportoregalato ai brani.
Bel live davvero.
C’è da augurarsi per tutti gli appassionati che altre occasioni non manchino. Intanto sentite qualcosa qui e capirete perché il penultimo dei romantici ci piace.