Allevilive tour 2008
Ho sempre voluto che la musica mi scompigliasse il cuore – Giovanni Allevi all’Auditorium
Ha preso il via lo scorso 23 febbraio, dall’Auditorium Parco della Musica di Roma, l’Allevilive Tour 2008 del pianista marchigiano. Un tour che conterà una quarantina di concerti già confermati fino alla metà di maggio e che prende il nome dall’ultimo album (dell’ottobre scorso) di Allevi, un doppio disco dal vivo che racchiude 26 composizioni tratte dai quattro album di Allevi per pianoforte solo: 13 Dita del 1997, Composizioni del 2003, No Concept del 2005 e Joy del 2006, più l’inedito Aria.
Ore 21:00
L’Auditorium è stracolmo fino all’ultimo posto, tanto che poche ore prima avevo assistito ad una fila ai botteghini per accaparrarsi gli ultimi biglietti, biglietti che davano la possibilità di assistere al concerto “in piedi” alla cifra di 8 euro. Intorno a me, fila 6 posti 29 – 31, c’è il pubblico di Allevi, due ragazzi poco più che ventenni che hanno tanto l’aria di essere “artisti” anche loro, due signore che per l’occasione hanno tirato fuori dall’armadio quella pelliccia costata chissà quanto e mai sfoggiata e un gruppo di amici trentenni griffati dalla testa ai piedi. Tra tutta questa varia umanità un ragazzo colpisce la mia attenzione: è in prima fila, visibilmente emozionato, gli spartiti tra le mani, con la speranza di poterseli far firmare a fine spettacolo, e con una massa di capelli ricci e neri che lo fa assomigliare molto ad un ‘piccolo Giovanni Allevi’.
Ore 21:15
Si spengono le luci e parte subito un applauso (il primo di molti). Si accende una luce ad illuminare il piano solo in mezzo al palco. Dopo poco entra Giovanni. Jeans, felpa grigia e quei capelli. Sembra che sia uscito di casa vestito così com’era. Corre verso il pianoforte a braccia aperte come si corre incontro ad un amico che non si vede da tempo, corre in modo buffo tanto che a noi ci scappa una mezza risata. Prende il microfono e dopo i saluti incomincia la sua storia.
La vita musicale e quella umana di questo ragazzo (uomo nell’età e bambino in tutto il resto) non hanno un confine a dividerle, non c’è una linea di demarcazione che ci faccia anche solo intravedere dove finisce una e comincia l’altra, sono un perfetto insieme e l’uomo Giovanni e l’artista Allevi sono così talmente amalgamati che chi ascolta ed ama la sua Musica (volutamente maiuscola) non può non sentire vicino anche quella sua immensa timidezza, quel suo modo particolare di parlare, un po’ ansioso e strambo, e quella sconfinata tenerezza che appare da dietro quel sipario di capelli scuri. Si siede al suo piano, lo sfiora con una mano come ad accarezzarlo. La schiena e le spalle un po’ ricurve come protese verso il pianoforte in una sensazione di immensa delicatezza, senza nessun desiderio di supremazia dell’uomo sullo strumento musicale, è come se Giovanni chiedesse ancora una sera il permesso a quei tasti bianchi neri di essere toccati dalle sue dita…perfetto, anche per stasera permesso accordato.
Il concerto non è una semplice successione di brani, ma un viaggio che Giovanni, prendendoci per mano, ci fa fare nella sua vita. Prende il microfono e ci spiega, con le parole semplici e chiare di un bambino, ogni brano, com’è nato e cosa ha significato per lui.
Quindi Milano, quel monolocale e il lavoro da cameriere per poter vivere, sempre con quella speranza e quella forza d’animo che mai hanno lasciato il posto alla disillusione: Monolocale 7.30.
Poi il primo concerto al Blue Note di New York, quella pianista che aveva creduto in lui e il cassiere di supermercato che di fronte alla sua paura gli aveva detto “go with the flow”: Improvviso n° 1, Go with the flow, Room 108, Notte ad Harlem, Ciprea.
La paura prima dei concerti da calmare con il contatto con l’acqua, e nell’acqua quella maniacale attenzione ai particolari: Il nuotatore.
Quel qualcuno che lo guarda da lassù e lo guida: Ti scrivo.
Poi l’attacco di panico e quel lettino dell’ambulanza che diventa il teatro di splendide note: Panic.
La canzone d’amore: Il bacio.
Poi quella complessa improvvisazione, che però di improvvisato non ha nulla: Jazzmatic.
Poi Il vento, Luna e Qui danza.
Per terminare con le splendide L’orologio degli dei, Back to life e New renaissance.
Abbiamo viaggiato con lui per più di un’ora tra le sue note, le sue sensazioni, i pensieri, le paure, intorno e dentro alla sua vita quasi come fossimo in apnea. Intorno a noi il nulla, il silenzio ovattato dell’acqua, di fronte solo lui e il suo pianoforte, accarezzato dolcemente ad ogni brano, che quando Giovanni va via ci sembra per un attimo di tornare a respirare, di riprendere quelle funzioni vitali che per un po’ si erano fermate anche loro in assoluta contemplazione.
Gli applausi sono scroscianti, intensi, continui. Lo fanno rientrare. Ci saluta con Come sei veramente, Prendimi e Aria. Poi rimane un po’ lì, in piedi, appoggiato con una mano al suo piano che gli da forza, sorride e china la testa, chiuso nelle spalle, tiene nascosti gli occhi forse emozionati dietro gli occhiali e quei capelli che lo difendono dal mondo, mentre di fronte a lui 2500 persone si alzano in piedi ad applaudire, ed applaudono e applaudono ancora per diversi minuti.
Ore 22:45
Si torna alle macchine. Con dei bei sorrisi sui volti. A me è venuto per un istante da pensare che queste sono le occasioni per ringraziare Dio, se ci si crede, di essere nati in questo tempo. In questo tempo di meschinità, disillusione, rabbia, dolore, corruzione, falsità e rifiuti, per avere la possibilità di ascoltare dal vivo le note e le parole di un uomo così, di un uomo bambino che dei bambini non ha perso quel modo di osservare le cose della vita, di attraversarle e viverle, un modo fatto di immaginazione, fantasia, sogno, creatività e immensa genialità. Il mondo parlerà di Giovanni Allevi e del suo pianoforte per molti anni a venire, ne sono più che convinta.
Nel presentare un brano Giovanni ha detto “Ho sempre voluto che la musica mi scompigliasse il cuore”. Dopo un’ora e mezza seduti sulle poltrone dell’Auditorium, in completo silenzio ed assoluta contemplazione, possiamo dirti Giovanni, che la tua Musica ci ha scompigliato le ossa, i nervi, il sangue, i pensieri, le idee, le sensazioni, le emozioni, l’anima e il cuore. Grazie.