Jelo: un esordio che approda a Vauro Senesi
Da “Sintesi”, il primo disco del cantautore genovese, si arriva al singolo “Ius Soli” dentro cui campeggia la vignetta del celebre Vauro Senesi. Parliamo di Luca Hardonk in arte Jelo, parliamo di un esordio digitale, un EP di 5 brani che oggi si coronano del sesto prezioso singolo incentrato sull’impegno civile, sulla superficialità sociale, sulla critica di questo tempo nostro. Dentro “Sintesi” in fondo il nostro aveva tirato una linea di confine e di somma… in fondo, vale quel che cita lui stesso dentro la presskit: “La mia più grande aspirazione con questo progetto è quella di dare uno spunto di riflessione rispetto a sé stessi e verso ciò di cui si sente parte” (Jelo).
Esordio per Jelo… cantautore dei tempi moderni che arrivi da Genova: inevitabile chiederti come e quanto la scuola genovese ha condizionato la tua scrittura…?
Beh, infinitamente. Ho avuto la fortuna di crescere in un famiglia amante della musica, e già da lattante ne ascoltavo. La prima parola che ho detto nella vita è stata “musica”, ha sempre fatto parte di me. Sono nato con la musica dei miei genitori, e di genovesi ho conosciuto per primi i cantautori; poi crescendo ho sviluppato anche i miei gusti. Avendo iniziato ad ascoltare la musica con artisti e brani “impegantivi”, con una coscienza, appena mi sono avvicinato al rap e alla trap (visti in modo stereotipato) non riuscivo ad apprezzarli, ma poi ho scoperto Diego, Izi. Il primo artista che mi ha fatto capire quanto si possa usare un genere senza omologarsi ad esso, ma omologando quest ultimo al tuo stile per creare una propria identità artistica. Quando ho scoperto Izi, ho deciso di scrivere, e nei miei primi pezzi si sentiva tantissimo la sua influenza. Mi sentivo un “copione”. Allora ho iniziato ad esplorare la scuola genovese e a farmi influenzare da altri artisti, quali Guesan, Bresh, Sayf, Vaz Tè. Genova ha sempre sfornato grandi talenti, non solo nelle ultime generazioni: De Andrè, Tenco, ecc.. Ampliando la mia cultura musicale ho realizzato che gli artisti genovesi hanno una cosa in comune, indipendente dal genere o dal periodo storico in cui hanno vissuto: una penna formidabile, saper dare peso alle parole. Gli artisti liguri portano dei concetti, non solo emozioni e intrattenimento. Ecco io voglio essere come loro, essere un artista grazie al modo in cui uso le parole, e non solo a come suona o resta in testa una mia canzone.
E di quel filone assai classico, pensi si possa ritrovare qualcosa nel tuo lavoro?
Assolutamente sì, per quanto pretenzioso mi piace definirmi aspirante cantautore. Come dicevo prima la scuola genovese ha rari eguali per quanto riguarda la scrittura, e il mio progetto come in generale la mia artisticità è improntato su questo: avere dei testi imponenti, impegnativi, che senza pensare non si possono assimilare. Una cosa che adoro della scuola genovese moderna, è che non hanno perso minimamente questa attitudine cantautorale, e io cerco di fare lo stesso. Voglio portare nel rap, e soprattutto nella trap e nel pop, in sostanza nella musica commerciale, quel peso cantautorale che rappresenta Genova e i suoi grandi artisti, moderni e non. Può sembrare un ossimoro “commerciale” e “peso cantautorale”, ma io penso che il connubio tra queste due attitudini sia la ricetta per raggiungere più persone possibile.
Suono digitale e suono analogico: Jelo che artista è in tal senso?
Di sicuro il suono analogico e il suono digitale sono diversi, e personalmente ancora non voglio sceglierne uno. Penso che l’analogico trasmetta di per sé più emozioni, pathos. Suonare gli strumenti piuttosto che costruire melodie al computer ha forse un peso artistico maggiore. Come un letto comprato dal falegname piuttosto che nei grandi magazzini (Ikea, Leroy Merlin ecc…). Se però inseriamo la parte strumentale nel contesto di una canzone, a dipendenza del genere può avere senso tra virgolette “dare meno peso” alla parte strumentale perché risaltino di più le parole o altri aspetti. Perché è raro sentire una canzone rap con una strumentale ricca di significato? Perché quel significato va trovato nelle parole, nel flow. Per concludere, penso che il suono analogico arricchisca notevolmente una canzone, ma non per forza la rende migliore considerando tutte le sue componenti.
“Smetto presto” è forse una bandiera di questo lavoro. Figlio di questa nuova generazione ma che in fondo sembri assai criticarla. O almeno così mi arriva anche da altri momenti del disco… non trovi?
Sì, non mi sono mai trovato al passo con l’era del futile, e tantissimi miei coetanei ci vanno a nozze. Per assurdo li ammiro, non soffrono rispetto a tutto ciò che nel mondo sta andando storto, non sono coinvolti. E questo può anche essere un bene, per loro stessi.
Bella la musica? E perché non la ascoltate ma la sentite solo? “Smetto presto” è l’emblema di questa domanda: se ci limitiamo a sentire la canzone non dice niente di costruttivo o utile, ma inserita nel contesto del mio ep si può benissimo capire quanto sia ironica e quanto io prenda in giro tutti quelli che la prendono sul serio. Se vogliamo però, non limiterei questo discorso alla mia generazione, non sono il giovane vecchio che scredita solo i suoi coetanei: ci sono persone di ogni età, era, etnia che rimangono sulla superficie delle cose, senza mai andare a fondo. Questo gli dona molta più serenità di quanta ne possa avere uno che pensa sempre, e che sente emotivamente il peso di tutto; ma dall’altro lato limita la possibilità di conoscere, e di sviluppare un pensiero articolato. A voi la scelta.
Vauro Senesi firma la copertina di questo nuovo singolo che oggi mettiamo in circolo. Per te cosa significa per davvero essere italiani?
Intanto chiarisco che questo “italiano” lo interpreto come “nazionalità” in generale, così da poter coinvolgere anche chi italiano non è. Quindi, che cosa significa per me appartenere ad una nazione?
Per me significa avere delle caratteristiche innate a cui non si può rinunciare o aspirare, correlate a dove si nasce. Caratteristiche che possono essere fisiche, caratteriali e anche etiche.
Se invece parliamo di Italia e di essere italiani, per me essere italiano significa avere passione, avere la possibilità di conoscere tantissime cose, perchè l’Italia con la Grecia è la patria della civiltà moderna. Allo stesso tempo però, penso che essere italiani significhi essere opportunisti e poco civilizzati, per dirne alcune. L’italiano per eccellenza ha un grande cuore, ha grandi emozioni, ma le usa male. Forse non le regge.
Voglio toccare ancora un punto di vista: essere italiano geneticamente è una cosa (vedi sopra), ma essere italiano rispetto alla legge dovrebbe essere una possibilità di chiunque stia qui stabilmente.