GEDDO: la canzone d’autore che non ha vergogna
E perché dovrebbe vergognarsi? Non era quello il senso del nostro titolo… ma voleva sottolineare quanto e come la verità non teme confronti di alcun genere e per nessuna ragione. Ed oggi che siamo tutti impacchettati dentro estetiche rigorose, un disco come questo nuovo lavoro di Davide Geddo certamente è fuori canone popolare… ed è qui che resta “Su la testa” di chi ha forza e verità dietro ogni più piccola piega di quel che fa. Geddo scende in campo con uno dei suoi dischi (forse) più importanti, dal titolo “Fratelli”… importante non solo per le tante collaborazioni, ma anche per la verità che esce fuori… verità d’autore senza riguardo alcuno per il canone che ormai ha stufato, diventando anacronistico e privo di coerenza. Mani tese, anima pulita, canzone d’autore senza vergogna.
Consapevolezza. Parliamo di consapevolezza. Penso che questo sia un disco ricco di consapevolezza. Da cantautore, pensi sia un parola buona per raccontare “Fratelli”?
Penso sia proprio una parola perfetta, la consapevolezza di non poter più reggere da solo il peso e la forza che la musica pretende. La solitudine non è solo introspezione; è anche tanta voglia di condividere e vivere insieme agli altri. Non è forse il disco più adatto al 2020 ma speriamo possa essere l’emblema di tempi migliori e più votati alla convivialità sotto ogni punto di vista.
Autenticità. Altra parola buona secondo me. Ho trovato questo suono e queste canzoni, cose decisamente autentiche. Ma più che verso i loro messaggi, parlo di un’autenticità umana, di te come uomo prima e come artista poi. Su questo che mi dici?
Per come la vedo io la musica è un percorso personale, quasi di verifica. In questo senso non riesco a concepire un rapporto falsato con le mie canzoni. Sarei da curare. Anche se non sono autobiografico, esce fuori un quadro molto preciso del mio modo di vivere e sentire nel tempo. L’autenticità è tutto nella canzone d’autore. E’ un genere che si distingue proprio per il rapporto con l’autore che lo caratterizza. Quando vai a vedere De Gregori vai a vedere lui, il suo mondo, non un concerto di pop, jazz o folk. Poi, per carità, non so se io possa essere associabile perfettamente ai canoni della canzone d’autore, soprattutto per come si è evoluta, però il rapporto di autenticità non posso e non voglio perderlo. Fratelli rientra pienamente in questa logica sincera.
Perché tante collaborazioni? Un disco che sentivi di non poter sostenere da solo… un disco hai sentito dovesse appartenere a più voci…
In realtà ho sempre avuto tante collaborazioni; è il mio modo di concepire la musica che lo suggerisce. Tanto più ciò doveva emergere in un disco sul tema della condivisione e della somiglianza; inoltre, per una serie di ragioni, negli ultimi anni molte amicizie nel mondo musicale mi hanno ispirato e fatto respirare una bella complicità in un momento in cui personalmente non la trovavo da altre parti. Pertanto è stato naturale coinvolgerli, anche solo per rivedersi e ritrovarsi nelle stesse strade. La canzone Su la testa, cantata con Folco Orselli, Alberto Visconti e Federico Sirianni ha tanti significati ma uno di questi è sicuramente il tentativo di dare la meritata dignità alla musica on the road.
Tantissimi i dettagli dietro ogni angolo di queste canzoni. La copertina ma non solo. E la curiosità mi spinge a chiederti: ci sono riferimenti ad altri artisti e opere?
Ce ne sono molti. Ma non si può parlare di una ispirazione comune per tutto l’album. Ogni canzone nasce indipendente e a volte mi piace mischiare ispirazioni diverse; inoltre da anni ho un buon feeling con i miei musicisti che spesso, in sede di realizzazione del disco, apportano le loro idee innestandole sulle mie. Ci tengo però a realizzare versioni talmente mie che alla fine riesce davvero difficile legare quello che è uscito all’ispirazione iniziale. Se vuoi posso fare dei nomi poi vedi tu cosa è rimasto. Lucio Dalla, Elton John, Van Morrison. Quentin Tarantino e i B- Movies per Condominio terzo piano scala B.
A chiudere: Geddo è sempre stato un artista di contenuto e di poca effimera apparenza. Oggi il mondo ci impone tutt’altro. Tu come riesci a far dialogare queste due dimensioni?
La domanda vera è come fanno gli altri a vivere una esistenza noiosa come quella dell’apparenza. Non dico che non conti o che non mi interessi; piace a tutti essere considerati un po’ meglio di quello che siamo. Però, come dicevamo all’inizio dell’intervista, tutto ciò deve comunque essere inquadrato nell’ambito della consapevolezza di come siamo realmente e nell’autenticità del nostro dire in rapporto al nostro essere. Tra l’altro è evidente che, senza spendere l’impossibile in promozione, l’apparenza non duri a livello commerciale. Io nel mio piccolo invece finora magari ho compiuto piccoli passi ma sempre in avanti.