Alessio Arena – Atacama!
Sono tempi musicalmente non proprio all’altezza dei decenni precedenti, e non è per una questione di gusti che lo scrivente parta con un incipit così divisivo; si parla di un livello medio oggettivo riguardante la musica “popolare”, quella che non resterà per costruzione patrimonio di intenditori a vario titolo e che invece si rivolge a molti, a chi voglia cantare, a chi ascolti musica anche talvolta in modi un po’ distratti e non cerchi complicazioni.
Il piacere di ascoltare un album come questo diventa allora moltiplicato, amplificato dal contesto. Una boccata d’aria fresca, si diceva una volta (evidentemente c’erano più boccate d’aria fresca, che devo dirvi…).
Napoli a nascere e una famiglia che ti regala anche il Sudamerica. Il mare ad unirli e mille culture di secoli in mezzo. Ce ne sarebbe, ma senza farla più grossa di quel che è si gode qui di un panorama sonoro che attraversa le melodie antiche, le mille malinconie ed il calore di popoli e vite che non hanno mai nascosto il lato emozionale, anzi ne han fatto con spontaneità uno dei principali tratti distintivi.
Il risultato arriva diretto e pulito ma con una mando garbata a disegnarlo, con la leggerezza tenue di un canto morbido e pur preciso, con suoni caldi e ben calibrati per stare nel pezzo come un frutto sta sul banco al mercato, lungo una tracklist che accompagna fluida l’ascolto senza salti, regalando la voglia di giocare con la voce anche a chi sta dall’altra parte del diffusore (e questo è un punto chiave, troppo spesso relegato a questione popolana). Una produzione curata, forse solo col difetto di lasciare un po’ arretrato qualche strumento e più spesso la voce, esalta il carattere arioso e fresco dei brani.
Insomma, questo album funziona.
Una considerazione a margine, probabilmente rilevante se vogliamo camminare un passo più in là del già visto e sentito: questo modo di intendere e proporre i molti sud ed in particolare l’area partenopea è, peraltro, uno dei non moltissimi orizzonti possibili per chi a Napoli voglia tirar fuori musica nuova, ché nei decenni ce n’è stata di inventata e adesso il rischio di ripeterne stancamente forme e contenuti si manifesta con effetti frequenti e visibili. Qui no, qui c’è l’aria tra cielo e acqua, l’incontro tra mondi anche distanti che sanno sfiorarsi e c’è la scelta semplice di realizzare questo toccarsi senza prosopopea, restando in una canzone che è bello cantare e ricordare.
Bravo, Alessio.