Aleco “Il sapore della luna”, recensione
Tutto ha inizio con una allegra marcetta che, tra un du du du du du ed un sorriso romantico, sembra voler giocare con l’Alberto Sordi di Guardo gli asini che volano nel ciel e un Renato Rascel d’annata. Ma Aleco sa il fatto suo e plasmando idee, sembra attingere ad un retroterra evocativo, in cui gli ultra quarantenni come me si ritrovano, volenti o nolenti, tra le citazioni di un mondo rivitalizzato da nuovi sguardi.
Sguardi carichi di espressioni allegre e sorridenti, proprio come accade nelle note aperte e spensierate de Il sapore della luna, in cui il beat anni ’80 si confonde con controcanti citazionistici e un andamento allineato al miglior Gazzè.
Il mondo di Aleco però non dimentica di osservare la realtà attraverso il minimalismo espressivo di Godi e t’amo (a mio avviso non tra le migliori tracce dell’album) e Dalmazia, in cui l’arte cantautoriale si offre ad un andamento proto-pop in grado di conquistare dopo alcuni ascolti. La composizione, ben arrangiata, si muove attorno ad un perno musicale diversificato, nonostante l’andamento vocale piuttosto lineare.
L’album, seconda fatica dell’autore romano, trova però il suo climax sia negli stralci romaneschi di E me ne vado via, sia tra le note acustiche de Il sapore della luna 2, in cui l’autore prosegue tra riferimenti filmici da cui si scosta con gli input electro-pop di Due cose, in cui ritroviamo la voce della brava GiuliaLuz.
A chiudere la nuova release di Music Force è, infine, la pacatezza liberatoria di Io sono eternamente felice, in cui la nuvolare narrazione si accompagna al suono che, nel suo interludio, volge lo sguardo al Yann Thiersen di Ameliè, per poi correre all’indietro verso il cantautorato tipicamente mediterraneo.
PostFazione
Ecco…ora, per chi non si capacitasse del come a firma Loris Gualdi si possano trovare recensioni di Craniotomy e Gorgoroth, accanto a quelle di De Gregori, Pezzali o per l’appunto Aleco…beh lasciatemi dire che… chi si chiude in un unico stile perde il perché di molte cose.