Ho.Bo. – A Man With A Gun Lives Here
Per chi, come il sottoscritto, segue sempre da vicino la musica d’oltre oceano nell’ambito della così detta Americana (genere di ampio spettro, che comprende Folk, Blues, Country, Bluegrass e tutte le loro varie sfumature) è sempre un piacere scoprire che esistono artisti italiani che si ispirano fortemente agli stessi paesaggi e a quelle stesse atmosfere. Scoprire, quindi, il gruppo piemontese degli Ho.Bo. – il cui album d’esordio 2/10 è uscito nel 2019 – è stata quindi una bella sorpresa, così come ascoltare questo loro nuovo lavoro intitolato A Man With A Gun Lives Here che profuma di fumo, polvere e fango, grazie ad un sound elettro acustico molto bluesy e alla voce ruvida, a metà fra Tom Waits e Keith Richards, del cantante Samuel Manzoni
L’atmosfera cupa è subito favorita, sin dalla splendida copertina curata dalla giovane e talentuosa fotografa Lara Zacchi, con l’immagine in bianco e nero, tanto spettrale quanto misteriosa, di una casa solitaria nella penombra. Lo stesso dicasi per l’introduzione all’album, totalmente parlata (direi raccontata), di Hoboes that pass the night che richiama un racconto di Jack London e che considero perfetta per portare per mano l’ascoltatore nel mood da murder ballad che caratterizzerà un po’ tutto il disco. La prima di queste è Falling down, Henry fra le migliori, che vede come protagonista un pistolero degno dei migliori film di Sergio Leone il quale, prima di suicidarsi con la propria arma, consuma la sua vendetta nei confronti di un uomo, oggetto del suo rancore. A livello musicale – spiccano il wurlitzer di Andrea Bertoli sullo sfondo e l’assolo elettrico nel finale di Filippo Sperotto, generoso di riverberi come lo sarebbe un cumulo nembo con la sua pioggia.
C’è poi la cullante e in parte grottesca A tiny man called Smith – cantata in duetto con un altro timbro vocale di carta vetrata di Luca Andriolo, già leder dei Dead Cat – che parla di un tale Smith il mingherlino, ucciso per errore a causa del suo cognome che evidentemente confonde i suoi “sbadati” ma spietati assassini, convinti di eliminare un lattoniere (tinsmith, in inglese), loro vero obiettivo. Il primo singolo estratto è la lowtempo In cold blood apparentemente dolce, ma in realtà scura e piena di sangue e morte. Qui i personaggi principali sono due: Gary e la moglie Jill la quale ammazza con un colpo d’ascia spietato un uomo abbandonato dai suoi rapitori nel bagagliaio del loro pick up.
In realtà ogni brano contiene interessanti “avventure” (come la più rockeggiante The curse of pick hill o la conclusiva e più stripped Bones orchard impreziosita dal suono di un’armonica) il livello complessivo del disco resta sempre alto, Come accennato nell’introduzione di questa mia recensione gli Ho.bo. mi hanno piacevolmente colpito e mi auguro che possano continuare ad approfondire questa loro vena americana da storyteller navigati.
PS: a chi piacesse questo genere di album, consiglio anche vivamente Seven deadly spins della canadese Lynne Hanson che è una sorta di concept molto simile per stile e contenuti.