Miza Mayi: a proposito di “Stages of a Growing Flower”
Cantante italo-africana, di questa voce padrona delle melodie che veste e di quel taglio seducente fatto di “sogno americano”. Il pop internazionale si veste di elettronica e di tutte quelle derive che lo impreziosiscono, dal Jazz al Soul. Lei è Miza Mayi e pubblica il suo esordio come cantautrice dal titolo “Stages of a Growing Flower”. Canzoni autobiografiche in un certo modo, canzoni di vita vissuta e riflettuta, canzoni che serviranno ad ognuno – per chi volesse s’intenda – trovare la propria chiave di lettura e far di conto sul come si è divenuti oggi. Un bellissimo ascolto che vede anche la partecipazione di Jessica Cochis alle linee di sax. Cantare di se, cantare di vita…
Disco di esordio come cantautrice. Come ti trovi in questi panni?
È bellissimo, un sogno che si avvera. Non è stato facile arrivare fino a questo punto, ci sono voluti molti anni, molto lavoro, molto studio. Dall’esterno non ci si rende mai conto del lavoro che c’è dietro. Tutto ciò è stato possibile grazie ai miei produttori Jessica Cochis ed Eros Cristiani che insieme a me hanno lavorato al progetto mettendoci anima e corpo. Grazie alla loro esperienza ho potuto fare questo percorso in piena libertà.
Prima di oggi non avevi mai provato a scrivere?
Ho sempre scritto, a nove anni mi è stato regalato un diario segreto, ho iniziato così a esprimere i miei pensieri mettendoli nero su bianco, scrivere mi alleggeriva la mente, mi permetteva di mettere in ordine i pensieri, le mie emozioni si liberavano e allo stesso tempo si conservavano. A volte rileggo i miei diari del liceo, scrivevo quando ero innamorata, arrabbiata o triste, le emozioni intense scatenano sempre una forza creatrice. Ogni tanto mi piace rileggere ciò che scrivevo, è come se leggessi di un’altra persona, sono molto cambiata. La vera differenza l’ha fatta la musica, ho iniziato a studiare pianoforte jazz con il maestro Roberto Olzer e durante le mie esercitazioni ho iniziato a comporre le prime cadenze, le prime melodie, la scrittura dei testi è stata naturale, è un processo organico collegato a uno stato mentale di totale apertura e ispirazione. Non ho mai smesso di scrivere, a volte mi sveglio la notte soltanto per scrivere un pensiero per paura di dimenticarlo.
Inevitabile chiederti se anche l’italiano fa parte del tuo background non solo linguistico ma anche musicale… vista anche la produzione di questo lavoro decisamente internazionale…
I primi brani sono nati in italiano poi abbiamo deciso di produrre il disco in inglese ed ho iniziato a tradurre i testi, i brani che ho scritto successivamente sono nati direttamente in inglese. L’italiano è la mia lingua madre, penso in italiano, sogno in italiano, leggo e studio in italiano ma l’inglese è una lingua con la quale mi trovo a mio agio, è musicale, libera delle parti di me che in italiano rimarrebbero nascoste. Ascolto musica italiana ma non troppo, cerco di alimentare sempre il mio lato snob, mi piace ricercare, scoprire talenti nascosti, musicisti bravi e sconosciuti nella scena mainstream.
Ispirazioni e direzioni: in questo disco ci trovo dal pop al nu-soul ma anche il fronte digitale urbano di alto profilo estetico. Cosa mi dici dal tuo punto di vista?
Mi sono ispirata a diversi generi musicali: ballate romantiche, swing, jazz, blues, euro-pop, ogni brano rappresenta un mondo musicale volutamente diverso. Gli arrangiamenti sono stati curati principalmente da Eros Cristiani, è lui l’esperto, io mi sono dedicata alla composizione suonando il pianoforte o il basso, ho scritto testi e melodie. I brani allo stato grezzo sono stati curati a regola d’arte, le sonorità sono svariate e abbiamo voluto contaminare i generi l’uno con l’altro, per capire bene una sera bisognerebbe sdraiarsi su un divano, mettersi delle belle cuffie, chiudere gli occhi e ascoltare il disco tutto d’un fiato, potrete percepire, suoni, colori, profumi e emozioni dalle mille sfaccettature, è un viaggio mistico.
E se penso alle tue origini africane ti chiedo: quella tradizione li, quanto ha inciso e contaminato il tuo percorso?
Di africano nel disco c’è apparentemente poco, ma analizzando bene si scoprono tantissimi elementi: le improvvisazioni, i ritmi in levare o sincopati, la follia, la gioia di vivere, la speranza. Io dico sempre che l’Africa è una madre generosa che cresce i suoi figli e li rende liberi, liberi di creare, di essere se stessi, di essere felici. I generi che canto, anche se non sono categorizzati nella musica africana, il più delle volte sono stati inventati da discendenti africani, sto parlando del jazz, swing, soul, funky, RnB, solo per citarne alcuni, è un bagaglio culturale infinito.
Cosa bolle in pentola dopo questo primo video di lancio?
Attualmente sono impegnata con i miei live, sto lavorando al secondo disco ed ho un nuovo progetto radiofonico che si concretizzerà in estate, seguitemi sui social per scoprirne di più.