Busta Rhymes, due decenni di Hip-Hop a Roma.
C’è chi non potrà mai capire a pieno un concerto di Hip-Hop. Si tratta di un live sui generis, perché tranne qualche raro caso non ci sono strumenti sul palco, solo un rapper e un dj coi suoi giradischi, eppure raramente ho sentito nell’aria la stessa passione generata dai migliori live di Hip-Hop in un concerto canonico. Anche se per molti versi lo scetticismo di chi lo vive da “neutrale” è pur comprensibile, bisognerebbe provare quel qualcosa per essere colpiti dentro l’anima da uno scratch, da un freestyle, da un verso rappato al microfono sul palco mentre la folla lo ripete a memoria. Sono sensazioni incredibili.
Gli appassionati romani di Hip-Hop da sempre evidenziano le date del calendario in cui un artista d’oltreoceano approda nella capitale per presentare uno show. Quando questa musica era di nicchia, temerari organizzatori hanno fatto arrivare nomi che in pochi in Italia avevano sentito nominare, eppure in un modo o nell’atro la risposta del pubblico era sempre sorprendente. Ora che l’Hip-Hop è protagonista tra gli adolescenti e sarebbe molto più facile ottenere un pubblico importante, le occasioni per vedere dei live sono di nuovo ridotte al lumicino ed è frustrante leggere le date dei tour europei di molti artisti e rendersi conto che il posto più vicino a Roma dove si esibiranno è la Svizzera. Ecco perchè è importante che in quest’ultimo periodo le acque si stiano muovendo e qualche nome (più o meno prestigioso) abbia toccato la terra capitolina.
Ma il nome in questione è certamente da sottolineare con la matita rossa: Busta Rhymes è infatti un personaggio storico della scena internazionale, in attività dai primi anni 90 col suo gruppo di allora, i Leaders Of The New School ma esploso al pubblico con la sua carriera da solista, che ha attraversato una veloce fase “street” ma poi si è tramutata in un veicolo per arrivare alla ribalta, grazie non solo alla carismatica figura del rapper (comparso anche in parecchi film tra cui lo splendido “Scoprendo Forrester” con Sean Connery) ma anche e soprattutto grazie ad una “virata” verso un sound più accessibile, che lo ha visto collaborare con grandi nomi del pop e dell’R&B come Mariah Carey, Janet Jackson e Mary J. Blige. Nonostante questo, Busta Rhymes è uno dei pochi rappers amato dal mainstream capace di ottenere rispetto anche dai “puristi” che comunque apprezzano il suo stile sempre originale e in un certo senso comunque “grezzo”.
Con il secondo album sotto la “guida” di Dr.Dre in uscita, Busta Rhymes approda quindi a Roma grazie agli sforzi dell’organizzazione Les Enfants Prodiges ed è inserito in una serata inzeppata di nomi-cardine della scena Hip-Hop romana: DJ Carlos col suo set di Hip-Hop da club e i Cor Veleno col loro repertorio sempre molto amato dal pubblico. Questo ovviamente porta ad un lunghissimo pre-show che fa sì che il protagonista della serata arrivi sul palco all’una e trenta di notte. Ma la gente non sembra preoccuparsi dell’orario, anche se è domenica e il giorno dopo si dovrebbe lavorare. In fondo siamo in una discoteca, lo Spazio 900 all’Eur, strapiena di gente il cui unico pensiero sembra quello di divertirsi e passare una bella serata. Il che significa che i vecchi fans “attempati” come me (ed eravamo tanti) saranno costretti per l’ennesima volta a poche ore di sonno.
Quello che però nessuno, fans nè vecchi nè nuovi vorrebbe subire, è un locale con un sound system inadeguato. Purtroppo invece è quello che accade: tranne i fortunati che sono riusciti ad occupare una posizione vicino al palco, gli altri devono sottoporre i loro padiglioni auricolari ad un rimbombo fortissimo il quale rende virtualmente impossibile capire le parole che vengono dette. E in un live di Hip-Hop non comprendere le parole è molto fastidioso.
Questo preambolo negativo era necessario perchè non ritengo giusto che tutto il pubblico venga trattato come incompetente e che sia lì solo per far casino, a molti (anche ai più giovani) piacerebbe ascoltare la musica e purtroppo in questa serata difficilmente è stato possibile. Nonostante Busta Rhymes sia sembrato in forma.
La prima sorpresa positiva è stata l’introduzione al suo arrivo sul palco, perchè dietro i piatti non c’era un dee-jay qualsiasi ma uno dei più bravi “turntablist” della grande mela, cioè l’ex X-Ecutioner DJ Roc Raida. La sua mano è evidente, non solo per la pregevolezza tecnica degli scratch ma anche per la scelta musicale fatta, rendendo l’ambiente ancora più carico e pieno di adrenalina. All’entrata di Busta Rhymes il boato è forte ed il rapper newyorkese saluta subito il pubblico mettendo in fila pezzi dal suo nuovo album e scatenando cori ed ovazioni con i suoi successi “Make It Clap”, “I Know What You Want” e “Put Your Hands Where My Eyes Could See”.
Accontentati anche i vecchietti nel momento (dichiarato) del “back in the days” in cui Busta ha interpretato il suo verso in “Scenario” dei Tribe Called Quest ed il suo primo hit da solista “Woo-Ha Got You All In Check!”. Niente pezzi del periodo Leaders Of The New School ma non era lecito aspettarseli, altra era…
Accompagnato da Spliff Star, uomo di fiducia della sua crew e da un Roc Raida tacito ma presente come un grande dee-jay dovrebbe essere, Busta Rhymes ha dimostrato di essere un grande “entertainer” (geniale l’idea di aprire una bottiglia di Dom Perignon per spararne la metà del contenuto tra il pubblico, alla faccia della miseria!) e di saper interpretare un live con energia e sapienza scenica. Anche nei suoi famigerati rap velocissimi non ha perso un colpo e ha dimostrato di essere ancora in grado di tenere botta a livello tecnico. Certo, lo show è durato un’ora e anche se questa è un’altra delle cose a cui chi assiste a concerti rap ha ormai metabolizzato, non fa mai piacere spendere quasi 30 euro per un concerto e vedere la lancetta piccola dell’orologio non finire nemmeno un giro.
Se non altro è stata un’ora intensa, di Hip-Hop interpretato da un grande artista e da un grande personaggio, purtroppo mortificato da un’acustica che grida vendetta. Speriamo che gli organizzatori prendano nota ed abbiano la tenacia e la pazienza di trovare un locale più idoneo per il prossimo evento. E che, speriamo, sia il prima possibile…