Baby Jesus “Words of hate”, recensione
“Baby Jesus is the sound you want to hear when walking in to a rock club.”
Originari di Halmstad, i Baby Jesus arrivano a noi tramite Area Pirata Records per un full leght riuscito ed immediato, definito da strutture garage rock, in cui punk, alternative e surf offrono il background ideale per sviluppare la terza fatica della band svedese.
A dare inizio al disco è un forte sentore Velvet Underground, le cui note tornano in un quadro di reminiscenze espressive, libere dal tempo (cadenzato) di No reason at all, in cui la metrica regolare viene disegnata con l’ausilio di intermittenze inattese. Il sound, immediato e privo di inutili fronzoli, sembra conquistare sin dai primi passaggi, proprio come dimostra il (proto)punk rock battente e minimale di Do worry, in cui sonorità seventies anticipano una tra le tracce più interessanti del full lenght: Country I C. La composizione, leggiadra e caratterizzante, offre spazi west e venature diversificate in grado di riunire brit pop con il mondo di Brian Wilson, ponendosi tra cornici fondamentalmente rock.
I giochi narrativi proseguono poi con gli echi surf di Girl bangs, in cui l’uso delle toniche funge da metodica consuetudine espressiva, e il rock vintage di Bjorns, innestato tra keyboards e elementi pshych-prog, che vanno ad impreziosire una set list avvolgente e ben bilanciata.
La band riparte con un lato b immediatamente definito dall’ottimo surf & punk di No money, in cui sensazioni resofoniche si intrecciano a filtri e assoli fifty, deformati da intelaiature ardite, pronte ad uscire da quelle sonorità attese che a tratti portano in dote sensazioni Stones anni ’60. Il disco scorre veloce verso Lunas song, pronta a proseguire il viatico tra note passatiste, e la leggerezza di Who you are con cui la band torna sulle tracce del brit pop innervato di intuizioni punk del west end, per poi andare a chiudere il buon disco con la partitura di Haschbrowns che, con il suo mood, ancora una volta ci accompagna tra gli Happy Days di un tempo, che sembrano essere ahimè eccessivamente lontani.
Insomma, non dubitate, perché Area Pirata si sta confermando una delle migliori label indipendenti del momento. Ascoltate, ballate, comprate e continuate a ballare all’ombra di un disco che, in questo mese, ha occupato il mio stereo per molti più giorni di ciò che credevo.
TRacklist
1.No Reason At All 02:34
2.Do Worry 01:57
3.Country I C 03:12
4.Red Fangs 03:09
5.Girl Bangs 02:08
6.BjÖrns 04:13
7.Words Of Hate 03:13
8.No Money 03:29
9.Baked For Money 02:52
10.Moon Blues 03:20
11.Lunas song 04:36
12.Who You Are 02:44
- Haschbrowns 03:19