The hunting dogs “We Are”

Un debut difficilmente inquadrabile, e per rendermene conto mi è bastato dare ascolto al suo incipit. Infatti, tra altronica, chitarre alternative e voce pulita, il combo goriziano mostra un mood avvolgente, che non ha timori reverenziali né verso sonorità Portished (Less Yellow), né verso sviluppi seventies (Click Clack).

L’album, promosso da Alka Record, gioca con gli spazi sagomati di White sheets, composizione pronta a riportare alla mente il pop rock di Alanis Morissette, ai cui rimandi troviamo il mood inquieto e reiterato della titletrack, brano più che interessante per le sue distorsioni e i suoi cambi direttivi.

Raccontato da un ottimo uso della lingua d’albione, la set list si nasconde in un curatissimo digipack, impreziosito da un booklet definito da photo session, atte a raccogliere e sviluppare l’ottima cover art, metafora di un sound sintetico (The dentist), estraniante (The grapes pt.2) ma fondamentalmente accogliente (Voodoo Wood).