Daniela D’Angelo: ascoltando “Petricore”
Un disco davvero interessante questo lavoro che segna l’esordio della carriera come cantautrice per Daniela D’Angelo. Si intitola “Petricore” e lo mettiamo in circolo avendo sin dal primo istante chiara e netta la sensazione di potersi perdere dentro i meandri di mille ragionamenti filosofici dietro ogni piega di questo suono che sembra provenire da una città del futuro. Complice anche questa voce sottile che si fa tonda e mediosa e che evoca fantascienza ed epiche storie di periferia dentro agglomerati urbani rigorosamente vissuti di notte.
Eppure i controsensi, i contrasti anzi, sono decisamente numerosi come le liriche che invece parlano di vita quotidiana del nostro tempo, del modo di viverci dentro, della maturazione di una consapevolezza. E subito le decisioni di una vita si scontrano dentro i tessuti di “Questo cuore”, prima traccia del disco, primo punto di partenza del viaggio. Spazialità e visioni extra-terrene dentro gli arrangiamenti a contorno… tutto il lavoro firmato dalla produzione di Vito Gatto. Percussioni che hanno quel senso di tribali, di trivialità…
Il singolo di lancio che segue, “Il modo giusto”, sembra chiedere una pausa per la comprensione, sembra chiedere del tempo per celebrare ogni cambiamento o forse per celebrarne l’accettazione. Di nuovo il pop d’autore classico e le tante sfumature digitali che danno aria, un’aria futuristica, un senso non quadrato delle cose.
Cattedrali e voci liturgiche in “Suppergiù” a colorare una ritmica che parla di rock alternativo, di elettronica urbana… e che forza ha la melodia della strofa, un vero gioiellino radiofonico. E di nuovo Gatto ha saputo prendere e portare tutto dentro trame americane, lontane dai nostri standard. “Alibi” a seguire, poi, si apre con uno scenario di suoni che arrivano dallo spazio e anche qui la voce sembra inneggiare a ritualità alchiliche, complice anche le distanze indette dai riverberi. Stop al viaggio spaziale con una versione acustica e naturale di “Esercitazioni”: e chissà perché questo brano ha voluto restar nudo, per quanto anch’esso prodotto nella sua spazialità sonora… ma comunque nudo senza nulla a pretendere. “L’idea” che segue, tiene stretta a se quel senso maggiore del pop italiano ma di nuovo sono gli arrangiamenti a traghettare il tutto dentro paesaggi nordici, quasi ostinati e glaciali alla Bon Iver o qualche cosa che d’istinto mi fa pensare ad Alanis Morisette o (volendo essere ancora più drastici) alla grande Bjork. Sembra che il disco segua questa linea anche dentro “Butto giù”, forse uno dei brani più “canonici” secondo le nostre abitudini… se non fosse per delle sospensioni strumentali che di nuovo ci staccano da terra e fluttuiamo dentro spazi aperti, finiti, dove la voce della D’Angelo è un eco lontanissimo… e con questa formula più votata alla canzone “classica” nella forma che si chiude il disco con un brano come “Biscotti e sigarette” che forse è il momento meno “interessante” del disco in quanto a ricerca di soluzioni che dall’inizio ci avevano abituato alla trasgressione elegante e matura delle cose.
“Perticone” – anche disponibile in una bellissima versione fisica in CD – è un disco che colpisce moltissimo per la produzione e la ricerca dei suoni, davvero una produzione matura che non eccede e non impasta a se cose esteticamente coerenti giusto per il gusto di poterlo fare gratuitamente, visti i mezzi oggi a disposizioni. E questo capita spessissimo dentro le produzioni moderne, specie dentro gli esordi. Invece no: “Petricore” dosa tutto con un’attenzione artigiana, con maturità e regala a Daniela D’Angelo e alle sue liriche melodiche e testuali (anch’esse ricercate nel privarsi doverosamente di scontate soluzioni) un disco notevole che merita un posto dentro la canzone di qualità della nuova scena italiana.