Adele – 30 – Recensione Album
30 è senza dubbio l’album più atteso dell’anno.
Quando si parla di Adele infatti accade un po’ ciò che succedeva in passato quando si parlava delle nuove uscite discografiche di Michael Jackson: in pratica i numeri dicono già tutto. In questo secolo è la cantante che ha venduto più dischi in assoluto e i suoi precedenti 21 (del 2011) e 25 (del 2015), risultano essere rispettivamente alla prima e alla quarta posizione di questa classifica “commerciale” mondiale. Tanta roba insomma, in un decennio in cui il calo delle vendite è stata una realtà costante ed inesorabile.
Oggi Adele torna alla grande, con un nuovo lavoro stilisticamente ancora legato alla sua tradizione, senza essersi lasciata minimamente influenzare dalla “musica che gira intorno”. In 30 non troverete quindi, tanto per essere ancora più chiari, alcuna traccia di trap, hip hop o generi similari, perché la Diva inglese ha deciso di restare fedele a sé stessa e giocarsi di nuovo le sue carte sul tavolo del Pop, con venature Soul, che noi tutti conosciamo e che l’ha resa una star famosa. Mentre, per quanto riguarda i temi, quasi tutti i brani hanno sullo sfondo le sofferenze e i sensi di colpa derivanti dal fallimento del suo matrimonio.
E, a giudicare ancora una volta proprio dai numeri (anche se questa volta parliamo di streaming), questa sua scelta di campo l’ha nuovamente premiata, perché il suo primo singolo Easy on me, ballata da brividi scelta come apripista dell’LP, sta battendo ogni record precedente essendo arrivata in brevissimo tempo a quasi 300 milioni di ascolti su Spotify e 160 milioni di visualizzazioni su You Tube: una vera e propria macchina da guerra insomma.
Dando un ascolto ai nuovi pezzi, non potendo citarli tutti, per ovvie ragioni di sintesi, ho provato a immaginare quelli che hanno le potenzialità per competere con le sue canzoni più celebri e aiutarla a ripetere il successo di cui ho fino ad ora tentato di evidenziare l’estensione. Restando sul campo degli episodi low-tempo “guidati” dal pianoforte, Drink wine ha senza dubbio tutte le carte per sfondare, vista la qualità della melodia e l’arrangiamento che in certi passaggi ha addirittura piacevoli sfumature gospel. Una canzone predestinata insomma. Così come praticamente certe di aiutare 30 a raggiungere la ionosfera sono sia la morbida Hold on, sia la malinconica To be loved nelle quali Adele raggiunge vette vocali pazzesche e che, quando verranno eseguita dal vivo, metteranno a dura prova la sua ugola dorata. Per quanto riguarda i brani più ballabili (pochissimi in reltà) tanto Oh my God, dal sound più contemporaneo, che la più acustica Can I get it risultano avere la patente di instant classic radiofonico grazie alla quale già al primo ascolto ti entrano in testa e fanno fatica ad uscire.
Per concludere, direi che se a qualche concorrente di Adele (Taylor Swift? Dua Lipa?) è mai venuto in mente di prendere temporaneamente il suo posto di regina del Pop, forse è forse il caso di togliersi la corona e restituirla, insieme allo scettro, alla legittima proprietaria. La sentenza è chiara: non ce n’è per nessuno.