SOSSIO BANDA: i peccati popolari
Peccati umani, vizi capitali, danze pagane e tradizioni popolari. Il tutto dentro belle contaminazioni di strada e di vita, dentro i rioni di sabbia o lungo le strade della mescolanza etnica. Ed è così che la musica della Sossio Banda, pugliese d’origine, apolide di fatto, si fa bella e seducente dentro il fascino di questo disco dedicato proprio ai 7 grandi vizi dell’uomo. Si intitola “Ceppeccàt” e se da una parte soffre quella fruibilità “pop” da main stream e dall’altra si fa portavoce di quel genere “gitano” che ha sempre colorato di particolarissime suggestioni la canzone d’autore, dall’altra sfoggia davvero un suono che dalla tradizione non spicca chissà quale salto ma è decisamente pregna di significati e rimandi culturali. Ed è questo un punto che prevedo di approfondire… forse il vero cuore del disco sta nel suono più che nelle liriche che, tra leggerezza e canzonature, inchiodano l’uomo al suo destino terreno.
Io vorrei partire da un concetto di comunicazione e di cultura. I social oggi imperano e con essi una certa omologazione violenta. Tuttavia, anche e soprattutto grazie a social, possiamo conoscere “derive” altre della musica. E, per quanto non sia un disco “trasgressivo” e “innovativo”, anche un lavoro come “Ceppecàt” risulta assai lontano dalle mode del momento. Secondo voi, finire dentro il calderone della comunicazione, vi regala la possibilità di avere voce o in qualche modo omologa la vostra voce a quella degli altri?
Bisogna apparire essendo sé stessi! Oggi come oggi non si può prescindere dall’uso dei Social che, a mio avviso, non vanno sempre demonizzati e criticati. Permettono di arrivare ad un gran numero di persone spesso gratuitamente e aiutano a diffondere le proprie opere in tutto il mondo, coprendo spesso quello spazio di informazione e programmazione culturale lasciato libero, più o meno volutamente, dai grossi mass-media. Ognuno ne fa l’uso che ritiene più opportuno e necessario, poi il pubblico ne trae le proprie considerazioni e conclusioni; nella fattispecie, noi che siamo nel mondo della musica da prima dell’avvento dei social, abbiamo oggettivamente qualche difficoltà a stare per così dire al passo con i tempi, ma sfruttiamo la visibilità che questi strumenti ci offrono per pubblicizzare i nostri eventi, i dischi, i videoclip e per promuovere il progetto Sossio Banda.
Personalmente mi crea molto più imbarazzo fare un video in diretta su Fb che stare su un palco davanti a centinaia di persone. Forse per le nuove generazioni è esattamente il contrario, dipende molto da come, quando e dove si è cresciuti e da cosa fa sentire di più a proprio agio.
Non dimentichiamoci che c’è gente specializzata nell’utilizzo dei social, che studia continuamente e da lì trae profitto e reddito, nuovi mestieri, nuove figure professionali. Credo che in questo non ci sia niente di male. Sicuramente il nostro genere, la nostra musica è lontana dalle mode del momento e forse è anche per questo che la Banda esiste da più di dieci anni ormai. Generi e mode non le abbiamo mai seguite, anzi ne abbiamo viste passare molte da sotto i nostri occhi per poi scomparire improvvisamente nel nulla.
Noi facciamo la musica che ci piace e soprattutto a modo nostro, non la studiamo a tavolino con i manuali di marketing tra le mani; è il frutto della nostra passione e dedizione e deriva direttamente dal cuore e dall’anima, prima che dal cervello e dal portafoglio.
Probabilmente questo ci permette di non omologarci, ci dà dignità ed originalità e forse questo è l’aspetto che il nostro pubblico apprezza di più.
Qualcuno diceva: se mettiamo musica ovunque e gratuitamente smetteremo di ascoltarla e di darle importanza. Ed è quello che palesemente accade. Eppure si continua a fare dischi e a proporli in tutti i canali digitali gratuiti. Non pensiate sia un controsenso?
Internet, i social, la rete hanno spalancato le porte a chiunque avesse qualcosa da dire e in qualsiasi forma. Essendo la musica un mezzo di comunicazione e forse il linguaggio più universale che esiste, non poteva rimanere fuori da questo sistema, anzi. Oggi, con i mezzi e le tecnologie esistenti, è molto più facile creare e fare un disco ma paradossalmente è molto più difficile pubblicizzarlo e farlo emergere, nonostante ci siano migliaia di canali e modalità a disposizione. Questo è il vero paradosso a mio avviso: la molteplicità di informazioni, di strade, di occasioni, suscitano spesso l’effetto inverso alla ragione per cui sono state create e cioè si rischia di perdersi in questo grande calderone diventando solo un numero o una statistica. Il problema reale è che si è persa la curiosità di scoprire, di ascoltare cose nuove, di esplorare pur avendo tutto a portata di click. Si è perso il piacere dell’attesa e l’emozione dell’arrivo di un disco acquistato e ordinato e anche il fatto di dover pagare per poter usufruire della musica di un artista sui vari formati, forse dava più valore ai musicisti e alla musica stessa. Il mondo cambia, l’uomo cambia; le abitudini, gli interessi, i gusti. Per questo abbiamo deciso di trattare un argomento che forse è come imbalsamato nel tempo e che accompagnerà l’essere umano fino alla fine dei suoi giorni: il vizio e il peccato, anche quelli cambiano ma solo nell’aspetto e non certo nella sostanza.
Oggi è in un equilibrio precario anche la musica dal vivo. E questo è certamente un aspetto che penalizza fortemente realtà come la vostra che dei live non solo vivono ma soprattutto nei live vive la vera ragione della nostra musica. Come state vivendo questo momento e cosa prevedete per il futuro?
Hai perfettamente ragione, noi viviamo di live e per il live. È l’aspetto che più ci piace del nostro lavoro da cui traiamo spunto per comporre e creare nuova musica. I viaggi, gli incontri, i palchi, gli sguardi sono parte integrante dei nostri brani. Non ti nascondo che forse riflettendoci, il motivo per cui continuiamo a fare dischi è per poterli proporre per andare a suonare e tenere sempre alta l’attenzione sul gruppo.
Quindi va da sé che stiamo vivendo malissimo questo periodo di stop alla maggior parte degli eventi, soprattutto quelli musicali e il paradosso è che anche avendo molto più tempo per stare in casa e teoricamente creare e scrivere nuova musica, stiamo vivendo un blocco creativo dovuto proprio alla mancanza di stimoli e input dall’esterno.
Ci auguriamo che tutto torni presto alla normalità per poter alimentare nuovamente la nostra musica e sono convinto che non appena questo accadrà ci sarà un’esplosione creativa da parte di tutti, una sorta di primavera dell’arte.
Che poi ogni cosa è figlia dei nostri vizi capitali. Anche quel che stiamo vivendo. Però, come arriva dal vostro disco, tutto questo è la vera bellezza della vita umana… il vero cuore della natura umana. Non è così?
Penso che oltre al linguaggio, ciò che ci rende diversi dal mondo animale, sia proprio la capacità e soprattutto la scelta e la consapevolezza di peccare e dedicarsi al vizio.
Non ricordo di animali avari, lussuriosi o invidiosi, alcuni possono essere più o meno iracondi o golosi, ma questi vizi sono mossi principalmente dal loro istinto.
Forse l’istinto dell’uomo è da ricercare proprio nel Peccato e da sempre i vizi e mai le virtù, ci hanno di volta in volta raccontato nella storia chi è l’uomo.
A chiusura: delle nuove frontiere musicali che saranno tradizione del prossimo futuro? Cosa ne pensate e quanto faranno parte del vostro repertorio? Ci avete mai pensato?
L’uso dell’elettronica è una necessità oltre che scelta stilistica; noi non la condanniamo, anzi, non è escluso che in futuro potremmo avvalercene. Gli strumenti che utilizziamo, anche se acustici e in alcuni casi molto antichi, hanno una gamma di sonorità e possibilità musicali immense, che quotidianamente apprezziamo ed esploriamo. Sicuramente, le emozioni e le vibrazioni che riesce a trasmettere uno strumento musicale, non potranno mai essere suscitate da un hard disk.
Su questo siamo rimasti ancorati al passato e siamo per così dire ancora un po’ restii ad avvalerci di computer o sintetizzatori.
È pur vero che non di rado usiamo effetti come riverberi e delay creati da apparecchi elettronici, ma li usiamo con moderazione e parsimonia almeno per il momento, in futuro chissà, non ci precludiamo nulla.