Daniele Faraotti: il passato ritorna
Un disco che probabilmente se fosse venuto fuori dal passato acido dei grandi artisti di sempre, sarebbe candidato ad essere un lavoro di avanguardia senza tempo, capace di vivere oltre ogni sentimento di critica. Uno di quei dischi che i palati fini andrebbero a citare. Ma “English Aphasia” è un disco di oggi, che nasce nell’epoca del tutto e subito, dell’indifferenza, dell’estetica effimera e pilotata, di quella che bada alle mode e ai “già famosi” delle grandi catene di distribuzione. Ma Daniele Faraotti, che di carriera alle spalle ne ha già tanta, non “merita” (dicono loro) di far parte degli eletti… e allora resta nelle tanto affollate ombre della musica italiana. Perché di musica italiana si parla nonostante “English Aphasia” suoni come un vecchio lavoro acido e visionario di Bowie per dei tratti, o come qualche esperimento surf dei Beatles per degli altri. E non è inglese il testo che, nei momenti di maggior intelligibilità è persino italiano: è un grammelot il testo della maggior parte di questo lavoro di Daniele Faraotti che mi rapisce ad ogni ascolto che faccio. Un viaggio intricato, dissonante, amorfo, pop e rock e jazz e cinematografico. Il tutto vagando con fare randagio dentro una foresta di suoni, citazioni, libere frammentazioni di stili e forme, pura espressione senza alcun tipo di filtro. Il rock psichedelico di Daniele Faraotti penso sia una delle migliori ispirazioni che ho ascoltato in questi ultimi mesi. Tanto vale la nostra voce… tanto vale la voce di ognuno… tanto è tutto uguale e inaccessibile… basta che sotto i riflettori restino i soliti burattini ammaestrati. La libera voce del suono, di questo disco ad esempio, è ben altra storia e forse lo capiremo un giorno, quando sarà inutile capirlo.
Un nuovo disco… nuovo per la cronaca, per il vinile… ma ha già un anno. Cos’è accaduto in questo tempo?
Dunque, nei primi sei mesi dopo l’uscita di E.A. in digitale, ho promosso l’album con i miei pochi mezzi. Uscito in digitale ad Aprile del 2019 ha ottenuto un paio di entusiastiche recensioni e poi più niente. Il vinile, uscito circa tre mesi fa, lo ha decisamente rilanciato direi. Cos’altro è accaduto? Ho cominciato a suonare con Matteo Zucconi – contrabbassista molto preparato, nerd tecnologico/digitale – persona gentile, generosa e simpatica. È un piacere lavorare con lui. Ha due splendidi bimbi piccoli e una moglie sassofonista che possiede tutti i tipi di sassofono, dal soprano al baritono. Forse possiede anche il basso, non ricordo, devo chiedere. Appena terminati gli impegni scolastici, riprendiamo a provare – vogliamo fare un gran casino – 2 man band, ruggiosa e a culo.
L’inglese aphasico cos’è per te? Cosa ha voluto rappresentare?
È un autoritratto – dal 2015 al 2018 – diciamo più autoritratti – più istantanee. Son tre anni in effetti – tre anni tosti – 3 anni pieni di problemi – problemi di vario genere. “English Aphasia” mi ha consentito di attraversare indenne il periodo – mi ha anche fatto venire una gran voglia di scrivere testi in italiano .
Esiste un filo conduttore per tutto questo disco dalle mille facce e dalle moltissime angolazioni?
Il filo conduttore è un approccio diverso alla stesura delle canzoni – non vale proprio per tutte le canzoni contenute nell’album, ma per la maggior parte di esse si.
Alcuni brani, proprio come l’ultimo singolo, sembrano venir fuori da tuoi esperimenti e scritture passate. Dunque sei uno di quegli artisti che non archivia il passato ma ogni tanto lo riprende per vedere se ha nuova forza da vendere?
Non sapevo ancora che dovevo lasciarmi andare di più – il caso ci mette sempre lo zampino. Comunque si, se una cosa non mi ha convinto, ci torno e ci ritorno ; del tutto inconsciamente direi – qualcosa si deve compiere – però non è detto che ci si riesca. Infatti, di “Telephone Line” ben quattro versioni, che quasi stavo per abdicare… le cose vanno così proprio perché la volontà prende il sopravvento. Proviamo così, no cosà, e qui un coro e qua un solo, forse dovrebbe cantarla Lennon e tutto si impasta , compresa la tua percezione che prima di lasciar perdere ha ancora la forza di ri-ascoltare la prima versione della canzone – era quella giusta.
Bellissima la copertina. Che sia anche questo un omaggio a Bowie? Scusa l’azzardo eh…
Grazie! Si anche a me piace. Il direttore artistico della etichetta con cui inizialmente ho rischiato di pubblicare “English Aphasia”, non voleva che l’album uscisse con questa copertina. Per questioni editoriali, così diceva – avrebbe voluto pubblicare l’album con una copertina di una mestizia grigioverde ritraente opere di un pinturucolo che definire senza storia è un eufemismo – inoltre, le suddette opere di mestizia, dovevano comparire sole, senza il mio nome ne’ il titolo dell’album che invece si sarebbero potuti leggere sul retro della copertina. In effetti, se ci penso, la pubblicazione di “English Aphasia” è stata un calvario. Dai, fortuna che a quasi sessant’anni so il fatto mio. E fortuna anche che ho qualche fidato collaboratore che all’occorrenza è in grado di risolvere magagne. Non te sto addì dei mixe… 2 anni di missaggi con un altro affiliato dell’etichetta di cui sopra che parlà d’orchite è solo un cenno. Fortuna che l’insostituibile Davide Cristiani ( Bombanella Soundescape ), in quattro giorni ha mixato tutto l’album. In extremis… non ne potevo più. Anche Franco Naddei ha mixato un paio di canzoni ai COSABEAT di Forlì. E il master? Vabbè dai, lasciamo stare. Passi ore a cercare il giusto equilibrio tra le parti nel mix e un plug-in in cerca di attenzione manda tutto all’aria valorizzando le frequenze più basse – aaah, se ci ripenso m’incazzo ancora. “No, ma sai, è un plug-in della yellowcassmoscie”…. aaah vabbè , allora!!!
L’azzardo Bowie? Mi ci fai pensare ora. Può essere che abbia pensato alla copertina di “Heroes” , forse “Aladin Sane”? Del resto le copertine degli album di Bowie abitano il mio immaginario, per cui si, può essere.
E per questo nuovo video perché non hai scelto ancora le dita? Ti sei fatto decisamente più “terreno”…?
Dei progetti in cantiere non voglio parlare – cmq si, il prossimo album è decisamente più terreno. Pensavo di mettere in copertina un pomodoro alla deriva nella nostra galassia. Vorrei intitolarlo “di terra”. Come? Hanno già usato questo titolo e questa idea per una copertina?