La Tresca: un “vento di protesta” che non basta mai…
Immancabile piglio irlandese che però si fa combattivo nel senso romantico del termine come da sempre si legge e si ascolta tra le righe de La Tresca. Accade anche così nell’ultimo singolo “Vento di Protesta” che è il momento alto di commiato verso un uomo, un amico, un compagno di vita che alla vita ha dato tanto, ha insegnato tanto. I fricchettoni che abbiamo citato in una qualche misura, edulcorando il grande successo dei loro colleghi pugliesi Folkabbestia, significa proprio questo: uno scivolare dentro i personaggi del paese, le storie quotidiane, la vita vera del popolo, schivando di netto le infrastrutture “politiche” delle televisioni e dei grandi interessi… la verità, il luogo dove dovrebbe regnare anche il significato primo di politica invece che questo eterno teatrino televisivo ormai preda dei grandi marketing. La canzone de La Tresca è sempre stata tra le strade del popolo e non sui piedistalli dei rotocalchi. E questo nuovo brano che – speriamo – anticipa di molto un nuovo disco, parla di un uomo ma anche dell’uomo che forse si vorrebbe diventare… ed il “vino con la secchia” è la goliardia che celebra la vita, la semplicità e la verità dell’esserci stati. Canzone popolare… dal piglio irlandese, certamente, ma tutta nostra, del nostro popolo.
Partiamo dal tour che sembra non aver mai fine. Da dove tornate e dove stare per andare?
Recentemente abbiamo suonato in Olanda, una terra che ci ha ospitato diverse volte, in cui torniamo sempre volentieri e prossimamente saremo in piccoli club “nostrani”. Anche se in inverno le occasioni per suonare sono più diradate nel tempo, cerchiamo di non perdere il contatto con il nostro pubblico.
La Tresca ha celebrato grandi cose con questo ultimo singolo. È accaduto tutto come previsto o manca ancora qualcosa?
Con il nostro ultimo singolo abbiamo voluto celebrare soprattutto la scomparsa di un nostro caro amico, durante l’estate abbiamo avuto modo di suonare anche nel paesino dove lui è nato e ha vissuto ed è stato senza dubbio un momento, per noi, molto emozionante e significativo. Quindi diciamo che non è mancato niente, prevediamo di fare ascoltare questo brano ancora a tanta gente.
Nuovo disco in arrivo o sbaglio?
Il progetto di un nuovo disco è nella nostra mente e abbiamo iniziato a lavorarci. Non siamo ancora arrivati alla fase di registrazione, stiamo raccogliendo e sviluppando idee. Come abbiamo fatto nell’ultimo lavoro anche questa volta faremo a meno di un produttore artistico, ci teniamo a curare personalmente ogni aspetto di questo disco anche se comporterà tempi di lavorazione più lunghi.
E diteci di questo immancabile piglio irlandese… folk… si farà combattivo, schierato, politico? O resterete sempre quei “fricchettoni” (tanto per citare i vostri colleghi dei Folkabbestia) per canzoni d’amore e di “vino con la secchia”?
Le nostre canzoni hanno parlato e continueranno a parlare degli ultimi, delle ingiustizie, dei personaggi bislacchi di paese, di vino e di storie tramandate dai racconti popolari. In questo senso siamo schierati, dalla parte di un passato genuino che avrebbe ancora molto da insegnare. La politica ci interessa meno, specialmente dopo aver preso coscienza del fatto che, nella nostra amata Italia, il dibattito ha raggiunto forse il punto più basso della storia repubblicana. Noi ripartiamo dal passato, con tutto ciò che ha da dire alle generazioni moderne.
Che poi sulle prime, leggendo il titolo “Vento di protesta”, conoscendo la vostra storia… ci si aspetterebbe di veder sventolar bandiera di guerriglia pacifica…
Guerriglia-Pacifica, un ossimoro che può generare equivoci. Noi siamo persone semplici, di provincia, preferiamo la pace alla guerra, l’amore all’odio, l’essere chiari ai sofismi troppo complicati.
L’evoluzione continua non è così? Dopo quest’ultimo anno di grandi cose, che pelle vi sentite addosso? Che cosa sta cambiando nella musica de LA TRESCA?
L’evoluzione nel linguaggio musicale di un gruppo che scrive canzoni da vent’anni è inevitabile, sarebbe innaturale il contrario. L’energia che sentiamo addosso quando siamo insieme sul palco e che proviamo a trasmettere è quella di sempre ma siamo forse diventati più attenti a convogliare quella di ciascuno di noi verso un’unica direzione, all’equilibrio delle parti, a “non calpestarci i piedi”.